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금주 교황님 말씀 중에

Holy Father's Speech

교황 비오 11세의, RERUM OMNIUM(1923)과 교황 바오로 6세의, SABAUDIAE GEMMA(1967)-2019 사순절 교황 말씀

2019 사순절 교황성하 말씀 - Conversion into God ! But, our conversation with Him, our Lord is necessary for the first !- Truely through conversation we ccan come to holy conversion ! Msgr. Byon

글 : Msgr. Byon

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교황 비오 11세 성하의, [聖 프란치스꼬 살레시오 주교 서거 300주년(1622~1922) 기념 칙서].
<1923년 1월 26일 발표> RERUM OMNIUM PERTURBATIONEM.

교황 바오로 6세 성하의, [聖 프란치스꼬 살레시오 주교 탄생 400 주년(1567~1967) 기념 칙서].
<1967년 1월 29일 발표> SABAUDIAE GEMMA

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO PER LA QUARESIMA 2019 

«L’ardente aspettativa della creazione
è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio» (Rm 8, 19)
 

Cari fratelli e sorelle,

ogni anno, mediante la Madre Chiesa, Dio «dona ai suoi fedeli di prepararsi con gioia, purificati nello spirito, alla celebrazione della Pasqua, perché […] attingano ai misteri della redenzione la pienezza della vita nuova in Cristo» (Prefazio di Quaresima 1). In questo modo possiamo camminare, di Pasqua in Pasqua, verso il compimento di quella salvezza che già abbiamo ricevuto grazie al mistero pasquale di Cristo: «nella speranza infatti siamo stati salvati» (Rm 8,24). Questo mistero di salvezza, già operante in noi durante la vita terrena, è un processo dinamico che include anche la storia e tutto il creato. San Paolo arriva a dire: «L’ardente aspettativa della creazione è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio» (Rm 8,19). In tale prospettiva vorrei offrire qualche spunto di riflessione, che accompagni il nostro cammino di conversione nella prossima Quaresima.

1. La redenzione del creato

La celebrazione del Triduo Pasquale della passione, morte e risurrezione di Cristo, culmine dell’anno liturgico, ci chiama ogni volta a vivere un itinerario di preparazione, consapevoli che il nostro diventare conformi a Cristo (cfr Rm 8,29) è un dono inestimabile della misericordia di Dio.

Se l’uomo vive da figlio di Dio, se vive da persona redenta, che si lascia guidare dallo Spirito Santo (cfr Rm 8,14) e sa riconoscere e mettere in pratica la legge di Dio, cominciando da quella inscritta nel suo cuore e nella natura, egli fa del bene anche al creato, cooperando alla sua redenzione. Per questo il creato – dice san Paolo – ha come un desiderio intensissimo che si manifestino i figli di Dio, che cioè quanti godono della grazia del mistero pasquale di Gesù ne vivano pienamente i frutti, destinati a raggiungere la loro compiuta maturazione nella redenzione dello stesso corpo umano. Quando la carità di Cristo trasfigura la vita dei santi – spirito, anima e corpo –, questi danno lode a Dio e, con la preghiera, la contemplazione, l’arte coinvolgono in questo anche le creature, come dimostra mirabilmente il “Cantico di frate sole” di San Francesco d’Assisi (cfr Enc. Laudato si’, 87). Ma in questo mondo l’armonia generata dalla redenzione è ancora e sempre minacciata dalla forza negativa del peccato e della morte.

2. La forza distruttiva del peccato

Infatti, quando non viviamo da figli di Dio, mettiamo spesso in atto comportamenti distruttivi verso il prossimo e le altre creature – ma anche verso noi stessi – ritenendo, più o meno consapevolmente, di poterne fare uso a nostro piacimento. L’intemperanza prende allora il sopravvento, conducendo a uno stile di vita che vìola i limiti che la nostra condizione umana e la natura ci chiedono di rispettare, seguendo quei desideri incontrollati che nel libro della Sapienza vengono attribuiti agli empi, ovvero a coloro che non hanno Dio come punto di riferimento delle loro azioni, né una speranza per il futuro (cfr 2,1-11). Se non siamo protesi continuamente verso la Pasqua, verso l’orizzonte della Risurrezione, è chiaro che la logica del tutto e subito, dell’avere sempre di più finisce per imporsi.

La causa di ogni male, lo sappiamo, è il peccato, che fin dal suo apparire in mezzo agli uomini ha interrotto la comunione con Dio, con gli altri e con il creato, al quale siamo legati anzitutto attraverso il nostro corpo. Rompendosi la comunione con Dio, si è venuto ad incrinare anche l’armonioso rapporto degli esseri umani con l’ambiente in cui sono chiamati a vivere, così che il giardino si è trasformato in un deserto (cfr Gen 3,17-18). Si tratta di quel peccato che porta l’uomo a ritenersi dio del creato, a sentirsene il padrone assoluto e a usarlo non per il fine voluto dal Creatore, ma per il proprio interesse, a scapito delle creature e degli altri.

Quando viene abbandonata la legge di Dio, la legge dell’amore, finisce per affermarsi la legge del più forte sul più debole. Il peccato che abita nel cuore dell’uomo (cfr Mc 7,20-23) – e si manifesta come avidità, brama per uno smodato benessere, disinteresse per il bene degli altri e spesso anche per il proprio – porta allo sfruttamento del creato, persone e ambiente, secondo quella cupidigia insaziabile che ritiene ogni desiderio un diritto e che prima o poi finirà per distruggere anche chi ne è dominato.

3. La forza risanatrice del pentimento e del perdono

Per questo, il creato ha la necessità impellente che si rivelino i figli di Dio, coloro che sono diventati “nuova creazione”: «Se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove» (2 Cor 5,17). Infatti, con la loro manifestazione anche il creato stesso può “fare pasqua”: aprirsi ai cieli nuovi e alla terra nuova (cfr Ap 21,1). E il cammino verso la Pasqua ci chiama proprio a restaurare il nostro volto e il nostro cuore di cristiani, tramite il pentimento, la conversione e il perdono, per poter vivere tutta la ricchezza della grazia del mistero pasquale.

Questa “impazienza”, questa attesa del creato troverà compimento quando si manifesteranno i figli di Dio, cioè quando i cristiani e tutti gli uomini entreranno decisamente in questo “travaglio” che è la conversione. Tutta la creazione è chiamata, insieme a noi, a uscire «dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio» (Rm 8,21). La Quaresima è segno sacramentale di questa conversione. Essa chiama i cristiani a incarnare più intensamente e concretamente il mistero pasquale nella loro vita personale, familiare e sociale, in particolare attraverso il digiuno, la preghiera e l’elemosina.

Digiunare, cioè imparare a cambiare il nostro atteggiamento verso gli altri e le creature: dalla tentazione di “divorare” tutto per saziare la nostra ingordigia, alla capacità di soffrire per amore, che può colmare il vuoto del nostro cuore. Pregare per saper rinunciare all’idolatria e all’autosufficienza del nostro io, e dichiararci bisognosi del Signore e della sua misericordia. Fare elemosina per uscire dalla stoltezza di vivere e accumulare tutto per noi stessi, nell’illusione di assicurarci un futuro che non ci appartiene. E così ritrovare la gioia del progetto che Dio ha messo nella creazione e nel nostro cuore, quello di amare Lui, i nostri fratelli e il mondo intero, e trovare in questo amore la vera felicità.

Cari fratelli e sorelle, la “quaresima” del Figlio di Dio è stata un entrare nel deserto del creato per farlo tornare ad essere quel giardino della comunione con Dio che era prima del peccato delle origini (cfr Mc 1,12-13; Is 51,3). La nostra Quaresima sia un ripercorrere lo stesso cammino, per portare la speranza di Cristo anche alla creazione, che «sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio» (Rm 8,21). Non lasciamo trascorrere invano questo tempo favorevole! Chiediamo a Dio di aiutarci a mettere in atto un cammino di vera conversione. Abbandoniamo l’egoismo, lo sguardo fisso su noi stessi, e rivolgiamoci alla Pasqua di Gesù; facciamoci prossimi dei fratelli e delle sorelle in difficoltà, condividendo con loro i nostri beni spirituali e materiali. Così, accogliendo nel concreto della nostra vita la vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte, attireremo anche sul creato la sua forza trasformatrice.

Dal Vaticano, 4 ottobre 2018,
Festa di San Francesco d’Assisi

 

Francesco


聖 Francoise  de Sales 주교 저, 한국어 판,卞基榮 神父 번역, 1976년, 韓國天主敎中央協議會 발행

          神 愛 論 <TRAITE DE L'AMOUR DE DIEU>

[변기영 몬시뇰 사랑방], [전자 북, E-Book] 메뉴에서 12권 모두 읽을 수 있습니다. 아래, 바로 가기

교황 비오 11세 성하의, [聖 프란치스꼬 살레시오 주교 서거 300주년(1622~1922) 기념 칙서].
<1923년 1월 26일 발표> RERUM OMNIUM PERTURBATIONEM.
교황 바오로 6세 성하의, [聖 프란치스꼬 살레시오 주교 탄생 400 주년(1567~1967) 기념 칙서].
<1967년 1월 29일 발표> SABAUDIAE GEMMA.
이상 2 칙서의 Latina 원문과, Italiano 번역문 이하. 본  Wind Bell (풍경소리)에서 전문 볼 수 있습니다.

제2차 바티칸공의회 문헌에 인용된
聖 프란치스코 살레시오 주교의 문헌발췌록

Questo vecchio errore ricompare in astrusi e aperti cavilli di certuni, i quali, sconcertati e sconcertatori, falsamente distinguono la perfezione cristiana della perfezione evangelica, e frappongono assurde distanze tra gli atti di carità dei monaci, dei sacerdoti, dei laici, oppure distorcono a false interpretazioni i decreti del recente Concilio Ecumenico, dove è chiaramente sancito e vivamente auspicato che anche tutti i fedeli e ogni classe di laici devono tendere con cuore indiviso alla santità della vita (Cf CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentiumcap. V, n. 40: AAS 57, 1965, pp. 44-45; DecretoApostolicam actuositatemcap. I, n. 4: AAS 58, 1966, pp. 840-842; Cost. pastorale Gaudium et spes,parte II, cap. I, n.48: AAS 58, 1966, pp. 1067-1069), poiché la grazia divina ne offre loro la possibilità.
Nel Decreto conciliare sull'Ecumenismo è stabilito: «Bisogna assolutamente esporre con chiarezza tutta intera la dottrina. Niente è più alieno dall'ecumenismo, quanto quel falso irenismo, dal quale viene a soffrirne la purezza della dottrina cattolica e ne viene oscurato il senso genuino e preciso... Inoltre nel dialogo ecumenico i teologi cattolici, restando fedeli alla dottrina della Chiesa, nell'investigare con i fratelli separati i divini misteri devono procedere con amore della verità, con carità e umiltà» (CONC. VAT. П, Decreto sull'ecumenismo Unitatis redintegratiocap. II, n. 11: AAS 57, 1965, p. 99).
<1967년 1월 29일 발표> SABAUDIAE GEMMA.
 
PAULUS PP. VI
EPISTULA APOSTOLICA
SABAUDIAE GEMMA*
 
AD EMOS PP. DD. SANCTAE ROMANAE ECCLESIAE CARDINALES: ACHILLEM LIÉNART, EPISCOPUM INSULENSEM; MAURITIUM FELTIN, OLIM ARCHIEPISCOPUM PARISIENSEM; PAULUM MARIAM A. RIEHAUD, ARCHIEPISCOPUM BURDIGALENSEM; IOSEPHUM LEFEBVRE, ARCHIEPISCOPUM BITURICENSEM; IOSEPHUM MARIAM MARTIN, ARCHIEPISCOPUM ROTHOMAGENSEM; IOANNEM VILLOT, ARCHIEPISCOPUM LUGDUNENSEM; CAROLUM JOURNET; AD EXE.MOS PP. DD.: MICHAËLEM PELLEGRINO, ARCHIEPISCOPUM TAURINENSEM; ANDREAM BONTEMS, ARCHIEPISCOPUM CHAMBERIENSEM; FRANCISCUM CHARRIÈRE, EPISCOPUM LAUSANNENSEM, GENEVENSEM ET FRIBURGENSEM; IOANNEM SAUVAGE, EPISCOPUM ANNECIENSEM; ATQUE AD CETEROS GALLIAE, HELVETIAE ET PEDEMONTANAE REGIONIS ARCHIEPISCOPOS, EPISCOPOS ORDINARIOSQUE LOCORUM: QUARTO EXEUNTE SAECULO AB ORTU S. FRANCISCI SALESII, ECCLESIAE DOCTORIS.
Vetus hic error repullulat abstrusis et apertis fallaciis nonnullorum qui, turbati et turbatores, perperam distinguunt perfectionem christianam a perfectione evangelica et inter actus caritatis monachorum, sacerdotum, laicorum intervalla interpungunt absurda, vel in falsas interpretationes intorquent decreta recens celebratae generalis Synodi, ubi plane sancitum sat et valide optatum, ut ad vitae sanctitatem coetus fideles e laicorum quoque ordine niti toto corde debeant, cum ex supernae gratiae munere ad id valeant (Cf CONC. VAT. II: Const. dogm. de Ecclesia Lumen gentiumcap. V. n. 40: AAS 57 (1965), pp. 44-45; Decretum Apostolicam actuositatemcap. I, n. 4: AAS 58 (1966), pp. 840-842; Constitutio pastoralesGaudium et spespars II, cap. I, n. 48: AAS 58 (1966), pp. 1067-1069).
Haec sanctitatis multigena ratio, devotionis significatione et vi a S. Genavensi Episcopo proponitur. «Amor Dei cum efficit, ut erigamur ad Deum frequenter, accurate, convenienter, nuncupatur devotio» (Lc 14,10).
 
 

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교황 비오 11세 성하의,[聖 프란치스꼬 살레시오 주교 
서거 300 주년(1622~1922) 기념 칙서].
<1923년 1월 26일 발표> RERUM OMNIUM PERTURBATIONEM.


PIUS PP. XI
LITTERAE ENCYCLICAE
RERUM OMNIUM PERTURBATIONEM*
AD PATRIARCHAS, PRIMATES, ARCHIEPISCOPOS, EPISCOPOS, ALIOSQUE LOCORUM ORDINARIOS PACEM ET COMMUNIOVEM CUM APOSTOLICA SEDE HABENTES: DE SANCTO FRANCISCO SALESIO TERTIO PLENO SAECULO AB EIUS OBITU.
VENERABILES FRATRES SALUTEM ET A POSTOLICAM BENEDICTIONEM
 
Rerum omnium perturbationem, quae nunc adest, cum proxime in Encyclicis Litteris consideraremus medendi gratia, vidimus in ipsis hominum animis inhaerere malum, eiusque sanationem tum demum sperari posse si Iesu Christi medica per Ecclesiam sanctam manus invocetur. Etenim haec tanta cohibenda est intemperantia cupiditatum, quae, bellorum litiumque causa princeps, sicut communem vitae consuetudinem, ita nationum commercia perverta; deducendae simul a fluxis caducisque bonis mentes singulorum, atque ad sempiterna et immortalia, quorum incredibilis incuria plerisque incessit, convertendae. Cum autem singuli fere officium sancte servare instituerint, eo ipso melius erit humanae societati. Atqui huc omne spectat cum magisterium tum ministerium Ecclesiae catholicae, ut homínes et traditae divinitus veritatis praedicatione erudiat et uberrimis divinae gratiae effusionibus sanctificet ; atque ita hanc ipsam civilem societatem, quam olim ad christianos spiritus conformavit et finxit, ubi de via deflectentem animadverterit, revocare in pristinum contendat.

Ecclesia vero huiusmodi sanctificationis opus apud universos omnes felicissime persequitur, quoties, Dei beneficio ac munere, ei contingit alios ex aliis egregios filios ad imitandum vulgo proponere, qui in omnium exercitatione virtutum admirabiles exstiterunt. Quod quidem admodum ea facit suae ipsius naturae congruenter, cum a Christo auctore suo sancta constituta sit et sanctitatis effectrix, cumque omnes, qui ea duce magistraque utuntur, ex Dei voluntate ad vitae sanctimoniam niti debeant. Haec est voluntas Dei, ait Paulus (1), sanctificatio vestra; quam quidem cuius generis esse oporteat, Dominus ipse sic declarat: Estote ergo vos perfecti, sicut et pater vester caelestis perfectus est (2). Nec vero quisquam patet ad paucos quosdam lectissimos id pertinere, ceterisque in inferiore quodam virtutis gradu licere consistere. Tenentur enim hac lege, ut patet, omnino omnes, nullo excepto; nec, ceteroquin, quotquot ad christianae perfectionis fastigium pervenerunt, quos quidem paene innumerabiles ex omni aetate atque ordine fuisse testatur historia, iis aut non eadem, quae reliquis, naturae infirmitas obtigit, aut non similia fuerunt pericula obeunda. Scilicet, ut praeclare Augustinus: Non Deus impossibilia inbet, sed iubendo admonet et lacere quod possis, et petere quod non possis (3).

Iamvero, Venerabiles Fratres, quae peracta est superiore anno commemoratio sollemnis de nostris illis heroibus Ignatio Loyoleo, Francisco Xaverio, Philippo Nerio, Theresia a Iesu et Isidoro Agricola, qui tertio ante saeculo in album Sanctorum adscripti essent, ea non parum visa est ad christianae vitae studium in populo excitandum valuisse. Nunc autem auspicato accidit caelestis natalis trecentesimus sanctissimi viri, qui non solum ipse virtutum omnium excellentia eluxit, sed etiam magisterio ac disciplina sanctitatis. Franciscum Salesium dicimus, Episcopum Genevensem et Ecclesiae Doctorem; qui quidem, non secus atque illa christianae perfectionis sapientiaeque lumina quae memoravimus; videtur oppositus esse a Deo Novatorum haeresi, unde illa exorta est humanae societatis ab Ecclesia defectio, de cuius tristibus acerbisque eventibus hodie optimus quisque merito conqueritur. Atque etiam videtur Salesius singulari Dei consilio Ecclesiae datus, ut et actione vitae suae et doctrinae facultate opinionem illam profligaret eius temporibus iam inveteratam, quae ne hodie quidem refrixit, veri nominis sanctitatem, qualem catholica proponit Ecclesia, aut adaequari non posse, aut certe tam arduam esse ad assequendum, ut in plerosque fidelium minime cadat, sed paucis tantummodo, iisque magno atque excelso animo praeditis, conveniat; eandem, praeterea, tantis implicari fastidiis ac taediis, ut ad viros mulieresque extra claustra degentes neutiquam accommodetur. Itaque desideratissimus decessor Noster Benedictus XV, cum de illis quinque caelitibus sollemnem sermonem haberet, beatum Francisci Salesii obitum attingens proxime celebrandum, proprias hac de re Litteras se ad Ecclesiam universam daturum pollicebatur. Hoc Nos decessoris propositum, tamquam hereditate acceptum, libentissime exsequimur, eo magis quod sperare licet, futurum, ut commemorationis haud ita multo ante habitae fructus huius propediem ordiendae fructibus cumulentur.

Iam si Salesii vitam studiose consideremus, fuit hic usque ab ineunte aetate specimen sanctimoniae, et illud non severum ac triste, sed blandum et commune omnibus, ut vere de eo praedicari posset: Non enim habet amaritudinem conversatio illius, nec taedium convictus illius, sed laetitiam et gaudium (4). Etenim cum virtutibus omnibus exsplendesceret, tum eximiam prae se tulit animi mansuetudinem, quam propriam eius et singularem notam recte dixeris, omnino tamen dissimilem eius fucatae benignitatis, quae in quodam munditiarum urbanarum studio et immoderatae comitatis ostentatione posita est, alienamque prorsus vel a lentitudine seu apathia quae nulla re commovetur vel a timiditate quae ne tum quidem audet, cum oportet, stomachari. Haec sane praecipua Salesii virtus, ex intimo pectore tamquam dulcissimus fructus caritatis erumpens, cum scilicet miserationis atque indulgentiae spiritu maxime contineretur, ea suavitate et oris gravitatem temperabat et corporis gestum et vocem aspergebat, ut studiosam omnium reverentiam ipsi conciliaret. Legimus, consuevisse nostrum facillime admittere amanterque excipere omnes, flagitiosos homines in primis et apostatas, qui domum ad se, culpae eluendae emendandaeque causa, confluerent; eundem in deliciis habuisse reos carceribus inclusos, quos crebro invisens multiplicibus recreabat suae caritatis officiis; neque minus indulgenter solitum esse cum famulis suis agere, quorum segnitiam temeritatesque toleranter in exemplum patiebatur. Quae eius mansuetudo, quemadmodum ad universos pertinebat, sic nullo unquam tempore, nec in prosperis nec in adversis rebus, factum est ut deficeret; eum igitur, quantumcumque divexarent, nunquam haeretici eo minus comem sibi facilemque experti sunt. Cum enim, anno post initum sacerdotium, Episcopo Genevensi Granerio ipse, invito ac repugnante patre, ultro se ad Chaballicenses Ecclesiae reconciliandos obtulisset, traditamque sibi perlibenter eam provinciam, magnam quidem ac difficilem, tanto studio exsequeretur, nullos ut labores recusaret, nulla vel capitis pericula refugeret, ad salutem tot hominum millibus parandam non tam eius summa doctrinae copia ac dicendi vis et facultas, quam invicta in peragendis sacri ministerii partibus benignitas profuit. Saepe solitus memorabilem illam vocem edere:Apostoli non aliter nisi patiendo pugnant, nec nisi moriendo triumphant, vix credibile est quam impigre quamque constanter Iesu Christi causam apud Chaballicenses suos egerit : qui, ut fidei lumen christianaeque spei solacia iis afferat, per supinas valles angustosque saltus repere; defugientes inclamando persegui; inhumane repulsus, insistere; minis appetitus, ad institutum redire; e deversoriis identidem deturbatus, noctes inter frigora et nives sub divo agere: nullo adstante, operari sacris; subducentibus se fere omnibus, contionari; integram tamen retinere semper suam animi tranquillitatem, suam in ingratos homines caritatem suavissimam, qua pervicaciam adversariorum, quantumvis obfirmatam, ad extremum expugnat.

Verum si quis putet, Salesium hanc animi indolem sortitum esse eumque unum ex iis perbeatis fuisse hominibus quos in benedictionibus dulcedinis gratia Dei praevenerit, vehementer errat. Quin Francisco, ex ipsa corporis constitutione, acrior quaedam natura obtigit atque in iram praeceps, at is, Iesu Christo sibi ad imitandum proposito, qui edixerat: Discite a me, quia mitis sum et corde (5), animi sui motus perpetuo exploravit et, vi in se adhibita, coercuit edomuitque adeo, ut Deum pacis et mansuetudinis tam in se ad vivum expresserit quam qui maxime. Quam rem illud praeclare confirmat quod proditum memoriae est, msdicos, qui sacrum eius corpus post obitum curaverunt, in eo rite condiendo fel prope lapidescens atque in minutissimos calculos concisum invenisse: quo ex portento iudicasse, quanta vi quantoque nisu ei constare debuisset ut quinquaginta annorum spatio nativam iracundiam contineret. Nimirum ex animi fortitudine, quam quidem perpetuo fidei vigor atque ignis divinae caritatis alebat, omnis illa exstitit Salesii lenitas, ut aptissime in eum quadret quod est in sacris Litteris: De forti egressa est, dulcedo (6). Nec vero fieri poterat, quin pastoralis mansuetudo, qua florebat, quaque, ut ait Chrysostomus, nihil violentius (7), eam in alliciendis hominum voluntatibus haberet efficacitatem, quae mitibus divino promittitur oraculo: Beati mites, quoniam ipsi possidebunt terram (8). Ceterum quam forti esset pectore hic, de quo exemplum mansuetudinis capere licebat, tum vero clarissime apparuit quotiescumque ei fuit cum potentibus pro gloria Dei, pro Ecclesiae auctoritate, pro animarum salute certandum. Ut, cum ecclesiasticae iurisdictionis immunitatem adversus Senatum Chamberiensem defendit; a quo cum litteras minaces accepisset, eum sibi redituum partem abiudicaturum, non modo congruenter dignitati suae legato respondit, verum etiam ab vindicanda iniuria non ante conquievit quam Senatus plene ipsi satisfecit. Eademque animi constantia Principis iram subiit, apud quem cum fratribus iniurià insimulatus erat, neque minus acriter optimatum voluntati restitit in sacris beneficiis conferendis; itemque, omnia nequiquam expertus, animadvertit in contumaces qui Ordini canonicorum Genevensium decumam fructuum denegassent. Itaque evangelica libertate cum in publica vitia invehi, tum simulatam virtutem pietatemque consueverat detegere; veritusque, si unquam alius, Principum maiestatem, semper tamen ita se gessit ut eorum nec assentaretur cupiditatibus nec intemperanti arbitrio obsequeretur.

Iam videamus, Venerabiles Fratres, quemadmodum Salesius, cum se ipse praeberet amabile exemplum sanctitatis, idem tutam expeditamque omnibus christianae perfectionis viam scribendo commonstraverit, atque ut, in hac quoque re, Iesum Dominum, qui coepit facere et docere (9), imitatus esse videatur. Plurima quidem sunt quae hoc ipso consilio edidit eaque nobilissima scripta; in iis vero duo illi eminent vulgatissimi libri, quorum alter Philothea, alter Tractatus de amore Dei inscribitur. Ad priorem autem quod attinet, postquam Salesius germanam pietatem ab ea distinxit asperitate quae animos in virtutis exercitatione terrendo debilitat, licet non illo exuat aequo rigore qui christianae disciplinae congruit, in eo totus est ut ostendat, sanctitatem cum omnibus civilis vitae officiis condicionibusque conciliari optime, atque in media saeculi consuetudine quemvis accommodate ad salutem posse degere, modo ne mundi hauriat imbibatque spiritum. Ipso interea magistro discimus id quidem facere — culpa nimirum excepta — quod omnes solent, at simul, quod plerique non solent, id ipsum sancte facere et ea quidem mente ut Deo placeamus: praeterea docemur decorum servare, quod ipse venustum virtutum ornatum appellat; naturam non abolere, sed vincere, et paullatim parvoque nisu in caelum evolare, columbarum more, si aquilarum non licet, id est vitae sanctimoniam communi assequi via quando ad singularem perfectionem non destinamur. Idem gravi eoque expedito scribendi genere, subtilique et festiva verborum sententiarumque usus varietate, qua praecepta commendantur fiuntque gratiora legentibus, postquam exposuit, esse nobis ab omni culpa, malis a propensionibus, a rebusque inutilibus ac noxiis abstinendum, dicere aggreditur quibus exercitationibus animum excolere et qua ratione cum Deo coniungi debeamus. Deinde, hoc polito, peculiarem aliquam deligendam nobis esse virtutem, ad quam sine intermissione contendamus donec eius compotes simus, tum de singulis virtutibus agit, de decentia, de honestis probrosisque colloquiis, de licitis periculosisque oblectamentis, de fidelitate erga Deum retinenda, deque coniugum, viduarum virginumque officiis. Idem denique praecipit, quibus artibus pericula, tentationes voluptatumque illecebras cum dignoscamus, tum superemus, et quo pacto animi statum per sancta proposita redintegremus quotannis ac renovemus. Atque hic liber, quo quidem nullum in hoc genere absolutiorem prodiisse aequales eorum temporum censuerunt, utinam hodie ab omnibus pervolutetur, uti olim in manibus omnium tamdiu versatus est; tum vero christiana ubique gentium pietas reviresceret et communi filiorum suorum sanctitate Ecclesia Dei laetaretur. Eo etiam maioris momenti ac ponderis est Tractatus de amore Dei, in quo sanctus Doctor, quasi quandam Dei caritatis historiam scribere aggressus, narrat quae eius fuerit origo et quae progressiones, atque etiam quare in animis hominum defervescere ac languere coeperit; tradit deinceps, quomodo in ea exerceamur ac proficiamus. Oblata vero opportunitate, difficillimas quaestiones dilucide explanat, ut de gratia efficaci, de praedestinatione, de vocatione ad fidem; et, ne ieiuna currat oratio, eam — quae erat illius ingenii ubertas et celeritas — tam festiva iucunditate tantoque pietatis odore consperbit, ea similitudinum varietate iisque et exemplis et locis aptissimis ornat, e Scriptura sacra plerumque depromptis, ut liber non tam ex eius mente quam ex visceribus medullisque manasse videatur. Principia autem spiritualis vitae, quae in duobus hisce voluminibus explicaverat, in usum animarum ipse convertit cum in cotidiano ministerio, tum in admirandis illis, quas exaravit, Epistolis; eademque ad gubernationem accommodavit Sororum a Visitatione, quarum Institutum, ab ipso conditum, eius adhuc spiritum religiosissime retinet. Etenim moderationem ac suavitatem in hac sodalitate, ut ita dicamus, spirant ac sapiunt omnia: cuius sodalitatis est proprium, ut virginibus feminisque viduis ac matronis vel debilibus atque aegris vel aetate provectis pateat, quarum vires incitatum animi studium haud exaequare videantur. Non enim ibi vigiliarum et psalmodiae diuturnitas, non paenitentiae vel expiationum asperitas, sed legibus tam mitibus tamque remissis obtemperatio, ut moniales etiam, quae minus valent, omnia sibi imperata explere facile possint. Verum eiusmodi facilitas atque in agendo iucunditas eo informari debet caritatis igne, qui efficiat, ut religiosae mulieres, quae Salesio auctore gloriantur, cum se penitus abnegent, tum modestissime pareant, et, non speciosas sed solidas perseguendo virtutes, sibimet moriantur ut Deo vivant. In quo quis non agnoscat singularem illam suavitatis cum fortitudine coniunctionem, qualem in legifero Patre admiramur ?

Multa quidem Salesii scripta praeterimus, unde etiam caelestis eius doctrina, veluti aquae vivae flumen, irrigando Ecclesiae agro... utiliter populo Dei fluxit ad salutem (10); at facere non possumus quinControversiarum librum memoremus, in quo, sine ulla dubitatione, plena catholicae fidei demonstratio(11) habetur. In comperto est, Venerabiles Fratres, quibus temporibus sacram ad Chaballicenses expeditionem Franciscus susceperit. Cum, uti rerum gestarum scriptores enarrant, a Sabaudiae Duce cum Bernensibus et Genevensibus exeunte anno MDLXXXXIII induciae essent initae, tum maxime visum est, ad Chaballicenses Ecclesiae reconciliandos nihil magis profuturum, quam si, missis illuc studiosis doctisque divini verbi praeconibus, persuasione adhibita, sensim ad fidem allicerentur. Cum autem is, qui primis regionem adiit, vel quod haereticorum desperaret emendationem vel quod sibi metueret, e sacro certamine discessisset, Salesius, qui sese, ut diximus, Episcopo Genevensi missionalem obtulerat, mense Septembri anno MDLXXXXIV, pedes, sine cibariis domesticisque copiis, nullo nisi fratris patruelis comitatu, ieiuniis precibusque ante iteratis cum sibi unice a Deo prosperum incepti exitum sponderet, in regionem haereticorum ingreditur. Sed cum illi contiones declinarent, eorum errores deliberavit per schedas convincere in sermonum intervallis a se exaratas, quarum exscripta exemplaria, de manu in manum tradita, inter haereticos quoque insinuarentur. Quae paginarum confectio gradatim conquievit tum denique cum incolae sacris contionibus frequentissimi interesse coeperunt; schedae autem manu ipsius Sancti Doctoris scriptae et post eius obitum dissipatae, multo post in volumen collectae sunt et decessori Nostro Alexandro VII oblatae; cui postea contigit, ut eundem cum in beatorum tum in sanctorum caelitum numerum, iudicio rite absoluto, referret. Iamvero in hisce Controversiis sanctus Doctor, quamquam concertatoriam quasi supellectilem superiorum aetatum commodissime adhibet, est tamen semper in disputando suus; ac, primum omnium, illud confirmat, auctoritatem in Ecclesia Christi ne cogitari quidem posse nisi legitimo mandato tributam, quo haeretici sacrorum administri prorsus careant; tum convictis eorum de Ecclesia natura erroribus, proprias verae Ecclesiae notas definit, easque demonstrat in catholica quidem Ecclesia reperiri, contra in reformata desiderari. Deinde Regulas fideidiligenter explanat, et eas violari ab haereticis, apud nos autem sancte custodiri ostendit ; peculiares denique tractatus adiicit, e quibus tamen solae exstant de Sacramentis et de Purgatorio disputationes. Mirabile est autem quam copioso doctrinae apparatu et quam sapienter instructa tamquam acie argumentorum noster adversarios adoriatur, eorumque mendacia et fallacias, ironia etiam dissimulantiaque felicissime usus, patefaciat. Cuius si aliquando verba videntur vehementiora, ex iis tamen eminet, ut ipsimet fatebantur adversarii, omnis disputationis eius moderatrix, vis caritatis; nam vel quando errantibus filiis eorum a catholica fide defectionem exprobrat, non alio eum spectare apparet, nisi ut viam sibi muniat ad eorum reditum enixe implorandum. Sed enim vel in controversiarum libro eandem animi effusionem reperire licet eundemque illum spiritum, quo redundant opera ad fovendam pietatem ab eo confecta; oratio autem tam elegans, tam urbana, tam bene ad persuadendum composita, ut ipsi haeresis administri asseclas suos soliti essent admonere, ne Genevensis missionalis blandimentis allici se et capi paterentur.

Itaque, Venerabiles Fratres, cum de Francisci Salesii rebus gestis et scriptis aliquid delibaverimus, reliquum est ut vos cohortemur ad saecularem eius memoriam in singulis vestris dioecesibus salubriter celebrandam. Neque enim velimus eiusmodi sollemnia sterili quadam praeteritarum rerum commemoratione absolvi, aut paucos ad dies contrahi; quin cupimus, ut hoc vertente anno ad diem usque octavum et vicesimum mensis Decembris, quo die is ad caelestia evolavit, quam accuratissime poterit, de virtutibus et praeceptis Sancti Doctoris fideles edocendos curetis. Vestrum igitur in primis erit, haec verba Nostra ad clerum populumque vobis concreditum perferre, atque illustrare diligenter. Illud enim praecipue Nobis in optatis est, ut fideles ad sanctitatis uniuscuiusque propriae colendae officium revocetis, cum nimis multi sint qui vel nunquam de vita aeterna recogitent vel salutem animae suae prorsus neglegant. Alii enim, operosis negotiis implicati, nihil curant nisi de pecunia congerenda, dum animus misere esurit; alii vero, voluptatibus dediti, sic se abiiciunt in terram, ut gustatus earum rerum, quae supra sensus sunt, obtundatur in iis atque hebescat; alii denique ad tractandam accedunt rem publicam, de civitate quidem solliciti, at sui ipsorum immemores. Quare vos, instituto Salesii, efficite, Venerabiles Fratres, ut populus intellegat, vitae sanctimoniam haud esse singulare beneficium, quod aliquibus concedatur, ceteris posthabitis, sed communem omnium sortem et commune officium; virtutum vero adeptionem, etsi in labore posita est – qui labor voluptate animi solaciisque omne genus compensatur – esse tamen unicuique parabilem divinae gratiae praesidio, quod nulli denegatur. Potissimum autem fidelium imitationi Francisci mansuetudinem proponite ; haec enim virtus, quae tam pulcre reddit atque exprimit Iesu Christi benignitatem ac tantum potest ad alliciendos homines, si semel animos vulgo pervaserit, nonne publicae privataeque rationes facile componantur? Nonne hac cum virtute, quam recte dixeris exteriorem divinae caritatis ornatura, in domestico convictu atque etiam in civitate summa tranquillitas et concordia consistat? Atque apostolatui, quem vocant, cum sacerdotum tum laicorum, si quidem christianam lenitatem praeferat, numquid non ingens accedat vis ad societatem hominum emendandam? Videtis igitur quanto opere intersit, ut populus christianus Francisci et sanctissima exempla mente animoque complectatur et praecepta veluti vivendi disciplinam teneat. Quod ut detur effectum, mirum quantum proderit libros et opuscula, quae diximus, in vulgus quam latissime propagari; eiusmodi enim scripta, ut sunt facilia intellectu atque ad legendum iucunda, in fidelium animis germanae solidaeque pietatis studium excitatura sunt, quod sacerdotes fovebunt aptissime, si quidem ipsi Salesii doctrinam in sucum et sanguinem converterint dulcissimamque eius eloquentiam erunt imitati. Qua in re, Venerabiles Fratres, memoriae traditum est, decessorem Nostrum Clementem VIII iam tum praenuntiasse quam mirificam essent Francisci et verba et scripta in populo habitura virtutem. Cum enim Pontifex, Purpuratis Patribus doctissimisque viris assidentibus, Salesii, ad episcopatum electi, sacrarum disciplinarum scientiam expertus esset, tanta affectus est admiratione, ut hominem peramanter amplexus, iis verbis sit allocutus: Vade, fili, et bibe aquam de cisterna tua et fluenta putei tui, deriventur fontes tui foras, et in plateis aquas tuas divide (12). Ita sane Franciscus contionabatur, ut eius praedicatio tota esset in ostensione spiritus et virtutis, cum, ex Bibliis et Patribus hausta, non modo sanis doctrinae theologicae nutrimentis aleretur, sed etiam ex caritatis delinimento mollior ac suavior exsisteret. Non est igitur cur miremur, ab eo tam plurimos numero haereticos ad Ecclesiam revocatos esse, eodemque magistro ac duce tot fideles, hoc trium saeculorum intervallo, perfectum vitae institutum tenuisse.

Sed praecipuum quemdam utilitatis fructum ex hisce sollemnibus percipiant optamus omnes ii catholici viri, quotquot vel diariis vel aliis scriptis in vulgus edendis christianam sapientiam illustrant, provehunt, tuentur. Qui quidem Francisci in disputando vim cum temperantia et caritate coniunctam imitentur oportet ac retineant. Quid enim ipsis agendum sit, sanctus Doctor exemplo suo aperte monet: ut scilicet doctrinam catholicam perdiligenter explorent et pro viribus calleant; vera ne depravent, neve, per speciem devitandae adversariorum offensionis, extenuent aut dissimulent; ipsam sermonis formam ac venustatem accurent, et cogitata sic luminibus verborum distinguant atque ornent, ut veritate lectores delectentur; si quos autem oppugnare debeant, sciant errata refellere malorumque hominum improbitati obsistere, ita tamen, ut se recte animatos in primisque cantate instinctos exhibeant. Quoniam vero iis, quos memoravimus, catholicis scriptoribus non constat ex publico ac sollemni Apostolicae Sedis documento Salesium datum esse Patronum, hanc Nos faustam occasionem nacti, de certa scientia ac matura deliberatione, auctoritate Nostra apostolica, per hanc Encyclicam Epistolam, Sanctum Franciscum Salesium, Episcopum Genevensem et Ecclesiae Doctorem, iis omnibus Caelestem Patronum damus seu confirmamus, ac declaramus, non obstantibus contrariis quibuslibet.

Iam vero, Venerabiles Fratres, quo saecularia haec sollemnia et augustiora et fructuosiora evadant, fidelibus vestris nulla desint oportet invitamenta pietatis, ita, ut hoc praeclarum Ecclesiae lumen qua decet veneratione colant, atque, eo usi deprecatore, animum, a peccati vestigiis expiatum ac divino refectum epulo, ad sanctitatem brevi adipiscendam fortiter suaviterque dirigant. Curate igitur ut in civitate honoris vestri sede et in singulis dioecesis paroeciis, per hunc annum, ad diem octavum ac vicesimum mensis Decembris, triduanae vel novendiales supplicationes fiant, in quibus divini verbi praedicatio habeatur, cum intersit quam maxime, populum de iis diligenter erudiri, quae, Salesio duce, eum ad altiora permoveant. Erit praeterea vobis curae, ut iis aliis, qui opportuniores videantur, modis sanctissimi Episcopi res gestae commemorentur. Atque ut sacrorum munerum thesaurum, Nobis divinitus creditum, in animarum bonum reseremus, tribuimus, ut qui iis, quas diximus, supplicationibus pie interfuerint, unoquoque die septem annorum totidemque quadragenarum, et postremo eorum, vel quo alio cuivis libuerit, die plenariam usitatis condicionibus indulgentiam lucrentur. Ne vero Anneciense Visitationis Coenobium, ubi Salesius requiescit — cuius quidem ante venerabile corpus Nos olim incredibili cum voluptate animi Sacrum fecimus — itemque Tarvisinum, in quo cor eius adservatur, ceteraeque Monialium a Visitatione familiae peculiari aliqua careant benignitatis Nostrae significatione, damus, ut quicumque, per sacra menstrua, quae ipsaemet in gratiarum actionem hoc anno habebunt, praetereaque die octavo ac vicesimo mensis Decembris, pariter hoc tantum anno, earum ecclesias de more inviserint atque, poenitentia expiati et Eucharisticis dapibus refecti, ad mentem Nostram oraverint, plenariam item veniam acquirant.

Vos autem, Venerabiles Fratres, fideles curis vestris commissos vehementer hortamini, ut Sanctum Doctorem Nostra causa obsecrent : quandoquidem enim Deo placuit, ut Ecclesiam suam difficillimis temporibus regundam susciperemus, utinam, Salesio auspice, qui Apostolicam Sedem insigni studio ac reverentia est prosecutus eiusque iura atque auctoritatem in Controversiis mirifice defendit, id feliciter eveniat, ut, quotquot a Christi lege et caritate alieni sunt, eos omnes, ad pascua vitae aeternae redeuntes, in communione atque osculo pacis amplectamur. Caelestium interea donorum conciliatrix et paternae benevolentiae Nostrae testis sit apostolica benedictio, quam vobis, Venerabiles Fratres, universoque clero ac populo vestro amantissime impertimus.

Datum Romae apud Sanctum Petrum die XXVI mensis Ianuarii, anno MDCCCCXXIII, Pontificatus Nostri primo.
 
PIUS PP. XI  
비오 11세 성하의 성인 선종 3백주년 기념 칙서. 1923년 1월 26일
*A.A.S., vol. XV (1923), n. 2, pp. 49-63.
 
(1) I Thess., IV, 3.
(2) MATTH., V, 48.
(3) S. AUG., 1. De natura et gratia, c. 43, n. 50.
(4) Sap., VIII, 16.
(5) MATTH., xi, 29.
(6) Iudic., XIV, 14.
(7) Hom. 58 in Gen.
(8) MATTH., V, 4.
(9) Act., I, 1.
(10) Litt. Ap. Pii IX d. 16 Nov. 1877.
(11) Ibidem.
(12) Proverb., V, 15, 16.

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교황 비오 11세 성하의,[聖 프란치스꼬 살레시오 주교 
서거 300 주년(1622~1922) 기념 칙서].
<1923년 1월 26일 발표> RERUM OMNIUM PERTURBATIONEM.

PIUS PP. XI
LITTERAE ENCYCLICAE
RERUM OMNIUM PERTURBATIONEM*

AD PATRIARCHAS, PRIMATES, ARCHIEPISCOPOS, EPISCOPOS, ALIOSQUE LOCORUM ORDINARIOS PACEM ET COMMUNIOVEM CUM APOSTOLICA SEDE HABENTES: DE SANCTO FRANCISCO SALESIO TERTIO PLENO SAECULO AB EIUS OBITU.
VENERABILES FRATRES SALUTEM ET A POSTOLICAM BENEDICTIONEM
 
Rerum omnium perturbationem, quae nunc adest, cum proxime in Encyclicis Litteris consideraremus medendi gratia, vidimus in ipsis hominum animis inhaerere malum, eiusque sanationem tum demum sperari posse si Iesu Christi medica per Ecclesiam sanctam manus invocetur. Etenim haec tanta cohibenda est intemperantia cupiditatum, quae, bellorum litiumque causa princeps, sicut communem vitae consuetudinem, ita nationum commercia perverta; deducendae simul a fluxis caducisque bonis mentes singulorum, atque ad sempiterna et immortalia, quorum incredibilis incuria plerisque incessit, convertendae. Cum autem singuli fere officium sancte servare instituerint, eo ipso melius erit humanae societati. Atqui huc omne spectat cum magisterium tum ministerium Ecclesiae catholicae, ut homínes et traditae divinitus veritatis praedicatione erudiat et uberrimis divinae gratiae effusionibus sanctificet ; atque ita hanc ipsam civilem societatem, quam olim ad christianos spiritus conformavit et finxit, ubi de via deflectentem animadverterit, revocare in pristinum contendat.

Ecclesia vero huiusmodi sanctificationis opus apud universos omnes felicissime persequitur, quoties, Dei beneficio ac munere, ei contingit alios ex aliis egregios filios ad imitandum vulgo proponere, qui in omnium exercitatione virtutum admirabiles exstiterunt. Quod quidem admodum ea facit suae ipsius naturae congruenter, cum a Christo auctore suo sancta constituta sit et sanctitatis effectrix, cumque omnes, qui ea duce magistraque utuntur, ex Dei voluntate ad vitae sanctimoniam niti debeant. Haec est voluntas Dei, ait Paulus (1), sanctificatio vestra; quam quidem cuius generis esse oporteat, Dominus ipse sic declarat: Estote ergo vos perfecti, sicut et pater vester caelestis perfectus est (2). Nec vero quisquam patet ad paucos quosdam lectissimos id pertinere, ceterisque in inferiore quodam virtutis gradu licere consistere. Tenentur enim hac lege, ut patet, omnino omnes, nullo excepto; nec, ceteroquin, quotquot ad christianae perfectionis fastigium pervenerunt, quos quidem paene innumerabiles ex omni aetate atque ordine fuisse testatur historia, iis aut non eadem, quae reliquis, naturae infirmitas obtigit, aut non similia fuerunt pericula obeunda. Scilicet, ut praeclare Augustinus: Non Deus impossibilia inbet, sed iubendo admonet et lacere quod possis, et petere quod non possis (3).

Iamvero, Venerabiles Fratres, quae peracta est superiore anno commemoratio sollemnis de nostris illis heroibus Ignatio Loyoleo, Francisco Xaverio, Philippo Nerio, Theresia a Iesu et Isidoro Agricola, qui tertio ante saeculo in album Sanctorum adscripti essent, ea non parum visa est ad christianae vitae studium in populo excitandum valuisse. Nunc autem auspicato accidit caelestis natalis trecentesimus sanctissimi viri, qui non solum ipse virtutum omnium excellentia eluxit, sed etiam magisterio ac disciplina sanctitatis. Franciscum Salesium dicimus, Episcopum Genevensem et Ecclesiae Doctorem; qui quidem, non secus atque illa christianae perfectionis sapientiaeque lumina quae memoravimus; videtur oppositus esse a Deo Novatorum haeresi, unde illa exorta est humanae societatis ab Ecclesia defectio, de cuius tristibus acerbisque eventibus hodie optimus quisque merito conqueritur. Atque etiam videtur Salesius singulari Dei consilio Ecclesiae datus, ut et actione vitae suae et doctrinae facultate opinionem illam profligaret eius temporibus iam inveteratam, quae ne hodie quidem refrixit, veri nominis sanctitatem, qualem catholica proponit Ecclesia, aut adaequari non posse, aut certe tam arduam esse ad assequendum, ut in plerosque fidelium minime cadat, sed paucis tantummodo, iisque magno atque excelso animo praeditis, conveniat; eandem, praeterea, tantis implicari fastidiis ac taediis, ut ad viros mulieresque extra claustra degentes neutiquam accommodetur. Itaque desideratissimus decessor Noster Benedictus XV, cum de illis quinque caelitibus sollemnem sermonem haberet, beatum Francisci Salesii obitum attingens proxime celebrandum, proprias hac de re Litteras se ad Ecclesiam universam daturum pollicebatur. Hoc Nos decessoris propositum, tamquam hereditate acceptum, libentissime exsequimur, eo magis quod sperare licet, futurum, ut commemorationis haud ita multo ante habitae fructus huius propediem ordiendae fructibus cumulentur.

Iam si Salesii vitam studiose consideremus, fuit hic usque ab ineunte aetate specimen sanctimoniae, et illud non severum ac triste, sed blandum et commune omnibus, ut vere de eo praedicari posset: Non enim habet amaritudinem conversatio illius, nec taedium convictus illius, sed laetitiam et gaudium (4). Etenim cum virtutibus omnibus exsplendesceret, tum eximiam prae se tulit animi mansuetudinem, quam propriam eius et singularem notam recte dixeris, omnino tamen dissimilem eius fucatae benignitatis, quae in quodam munditiarum urbanarum studio et immoderatae comitatis ostentatione posita est, alienamque prorsus vel a lentitudine seu apathia quae nulla re commovetur vel a timiditate quae ne tum quidem audet, cum oportet, stomachari. Haec sane praecipua Salesii virtus, ex intimo pectore tamquam dulcissimus fructus caritatis erumpens, cum scilicet miserationis atque indulgentiae spiritu maxime contineretur, ea suavitate et oris gravitatem temperabat et corporis gestum et vocem aspergebat, ut studiosam omnium reverentiam ipsi conciliaret. Legimus, consuevisse nostrum facillime admittere amanterque excipere omnes, flagitiosos homines in primis et apostatas, qui domum ad se, culpae eluendae emendandaeque causa, confluerent; eundem in deliciis habuisse reos carceribus inclusos, quos crebro invisens multiplicibus recreabat suae caritatis officiis; neque minus indulgenter solitum esse cum famulis suis agere, quorum segnitiam temeritatesque toleranter in exemplum patiebatur. Quae eius mansuetudo, quemadmodum ad universos pertinebat, sic nullo unquam tempore, nec in prosperis nec in adversis rebus, factum est ut deficeret; eum igitur, quantumcumque divexarent, nunquam haeretici eo minus comem sibi facilemque experti sunt. Cum enim, anno post initum sacerdotium, Episcopo Genevensi Granerio ipse, invito ac repugnante patre, ultro se ad Chaballicenses Ecclesiae reconciliandos obtulisset, traditamque sibi perlibenter eam provinciam, magnam quidem ac difficilem, tanto studio exsequeretur, nullos ut labores recusaret, nulla vel capitis pericula refugeret, ad salutem tot hominum millibus parandam non tam eius summa doctrinae copia ac dicendi vis et facultas, quam invicta in peragendis sacri ministerii partibus benignitas profuit. Saepe solitus memorabilem illam vocem edere:Apostoli non aliter nisi patiendo pugnant, nec nisi moriendo triumphant, vix credibile est quam impigre quamque constanter Iesu Christi causam apud Chaballicenses suos egerit : qui, ut fidei lumen christianaeque spei solacia iis afferat, per supinas valles angustosque saltus repere; defugientes inclamando persegui; inhumane repulsus, insistere; minis appetitus, ad institutum redire; e deversoriis identidem deturbatus, noctes inter frigora et nives sub divo agere: nullo adstante, operari sacris; subducentibus se fere omnibus, contionari; integram tamen retinere semper suam animi tranquillitatem, suam in ingratos homines caritatem suavissimam, qua pervicaciam adversariorum, quantumvis obfirmatam, ad extremum expugnat.

Verum si quis putet, Salesium hanc animi indolem sortitum esse eumque unum ex iis perbeatis fuisse hominibus quos in benedictionibus dulcedinis gratia Dei praevenerit, vehementer errat. Quin Francisco, ex ipsa corporis constitutione, acrior quaedam natura obtigit atque in iram praeceps, at is, Iesu Christo sibi ad imitandum proposito, qui edixerat: Discite a me, quia mitis sum et corde (5), animi sui motus perpetuo exploravit et, vi in se adhibita, coercuit edomuitque adeo, ut Deum pacis et mansuetudinis tam in se ad vivum expresserit quam qui maxime. Quam rem illud praeclare confirmat quod proditum memoriae est, msdicos, qui sacrum eius corpus post obitum curaverunt, in eo rite condiendo fel prope lapidescens atque in minutissimos calculos concisum invenisse: quo ex portento iudicasse, quanta vi quantoque nisu ei constare debuisset ut quinquaginta annorum spatio nativam iracundiam contineret. Nimirum ex animi fortitudine, quam quidem perpetuo fidei vigor atque ignis divinae caritatis alebat, omnis illa exstitit Salesii lenitas, ut aptissime in eum quadret quod est in sacris Litteris: De forti egressa est, dulcedo (6). Nec vero fieri poterat, quin pastoralis mansuetudo, qua florebat, quaque, ut ait Chrysostomus, nihil violentius (7), eam in alliciendis hominum voluntatibus haberet efficacitatem, quae mitibus divino promittitur oraculo: Beati mites, quoniam ipsi possidebunt terram (8). Ceterum quam forti esset pectore hic, de quo exemplum mansuetudinis capere licebat, tum vero clarissime apparuit quotiescumque ei fuit cum potentibus pro gloria Dei, pro Ecclesiae auctoritate, pro animarum salute certandum. Ut, cum ecclesiasticae iurisdictionis immunitatem adversus Senatum Chamberiensem defendit; a quo cum litteras minaces accepisset, eum sibi redituum partem abiudicaturum, non modo congruenter dignitati suae legato respondit, verum etiam ab vindicanda iniuria non ante conquievit quam Senatus plene ipsi satisfecit. Eademque animi constantia Principis iram subiit, apud quem cum fratribus iniurià insimulatus erat, neque minus acriter optimatum voluntati restitit in sacris beneficiis conferendis; itemque, omnia nequiquam expertus, animadvertit in contumaces qui Ordini canonicorum Genevensium decumam fructuum denegassent. Itaque evangelica libertate cum in publica vitia invehi, tum simulatam virtutem pietatemque consueverat detegere; veritusque, si unquam alius, Principum maiestatem, semper tamen ita se gessit ut eorum nec assentaretur cupiditatibus nec intemperanti arbitrio obsequeretur.

Iam videamus, Venerabiles Fratres, quemadmodum Salesius, cum se ipse praeberet amabile exemplum sanctitatis, idem tutam expeditamque omnibus christianae perfectionis viam scribendo commonstraverit, atque ut, in hac quoque re, Iesum Dominum, qui coepit facere et docere (9), imitatus esse videatur. Plurima quidem sunt quae hoc ipso consilio edidit eaque nobilissima scripta; in iis vero duo illi eminent vulgatissimi libri, quorum alter Philothea, alter Tractatus de amore Dei inscribitur. Ad priorem autem quod attinet, postquam Salesius germanam pietatem ab ea distinxit asperitate quae animos in virtutis exercitatione terrendo debilitat, licet non illo exuat aequo rigore qui christianae disciplinae congruit, in eo totus est ut ostendat, sanctitatem cum omnibus civilis vitae officiis condicionibusque conciliari optime, atque in media saeculi consuetudine quemvis accommodate ad salutem posse degere, modo ne mundi hauriat imbibatque spiritum. Ipso interea magistro discimus id quidem facere — culpa nimirum excepta — quod omnes solent, at simul, quod plerique non solent, id ipsum sancte facere et ea quidem mente ut Deo placeamus: praeterea docemur decorum servare, quod ipse venustum virtutum ornatum appellat; naturam non abolere, sed vincere, et paullatim parvoque nisu in caelum evolare, columbarum more, si aquilarum non licet, id est vitae sanctimoniam communi assequi via quando ad singularem perfectionem non destinamur. Idem gravi eoque expedito scribendi genere, subtilique et festiva verborum sententiarumque usus varietate, qua praecepta commendantur fiuntque gratiora legentibus, postquam exposuit, esse nobis ab omni culpa, malis a propensionibus, a rebusque inutilibus ac noxiis abstinendum, dicere aggreditur quibus exercitationibus animum excolere et qua ratione cum Deo coniungi debeamus. Deinde, hoc polito, peculiarem aliquam deligendam nobis esse virtutem, ad quam sine intermissione contendamus donec eius compotes simus, tum de singulis virtutibus agit, de decentia, de honestis probrosisque colloquiis, de licitis periculosisque oblectamentis, de fidelitate erga Deum retinenda, deque coniugum, viduarum virginumque officiis. Idem denique praecipit, quibus artibus pericula, tentationes voluptatumque illecebras cum dignoscamus, tum superemus, et quo pacto animi statum per sancta proposita redintegremus quotannis ac renovemus. Atque hic liber, quo quidem nullum in hoc genere absolutiorem prodiisse aequales eorum temporum censuerunt, utinam hodie ab omnibus pervolutetur, uti olim in manibus omnium tamdiu versatus est; tum vero christiana ubique gentium pietas reviresceret et communi filiorum suorum sanctitate Ecclesia Dei laetaretur. Eo etiam maioris momenti ac ponderis est Tractatus de amore Dei, in quo sanctus Doctor, quasi quandam Dei caritatis historiam scribere aggressus, narrat quae eius fuerit origo et quae progressiones, atque etiam quare in animis hominum defervescere ac languere coeperit; tradit deinceps, quomodo in ea exerceamur ac proficiamus. Oblata vero opportunitate, difficillimas quaestiones dilucide explanat, ut de gratia efficaci, de praedestinatione, de vocatione ad fidem; et, ne ieiuna currat oratio, eam — quae erat illius ingenii ubertas et celeritas — tam festiva iucunditate tantoque pietatis odore consperbit, ea similitudinum varietate iisque et exemplis et locis aptissimis ornat, e Scriptura sacra plerumque depromptis, ut liber non tam ex eius mente quam ex visceribus medullisque manasse videatur. Principia autem spiritualis vitae, quae in duobus hisce voluminibus explicaverat, in usum animarum ipse convertit cum in cotidiano ministerio, tum in admirandis illis, quas exaravit, Epistolis; eademque ad gubernationem accommodavit Sororum a Visitatione, quarum Institutum, ab ipso conditum, eius adhuc spiritum religiosissime retinet. Etenim moderationem ac suavitatem in hac sodalitate, ut ita dicamus, spirant ac sapiunt omnia: cuius sodalitatis est proprium, ut virginibus feminisque viduis ac matronis vel debilibus atque aegris vel aetate provectis pateat, quarum vires incitatum animi studium haud exaequare videantur. Non enim ibi vigiliarum et psalmodiae diuturnitas, non paenitentiae vel expiationum asperitas, sed legibus tam mitibus tamque remissis obtemperatio, ut moniales etiam, quae minus valent, omnia sibi imperata explere facile possint. Verum eiusmodi facilitas atque in agendo iucunditas eo informari debet caritatis igne, qui efficiat, ut religiosae mulieres, quae Salesio auctore gloriantur, cum se penitus abnegent, tum modestissime pareant, et, non speciosas sed solidas perseguendo virtutes, sibimet moriantur ut Deo vivant. In quo quis non agnoscat singularem illam suavitatis cum fortitudine coniunctionem, qualem in legifero Patre admiramur ?

Multa quidem Salesii scripta praeterimus, unde etiam caelestis eius doctrina, veluti aquae vivae flumen, irrigando Ecclesiae agro... utiliter populo Dei fluxit ad salutem (10); at facere non possumus quinControversiarum librum memoremus, in quo, sine ulla dubitatione, plena catholicae fidei demonstratio(11) habetur. In comperto est, Venerabiles Fratres, quibus temporibus sacram ad Chaballicenses expeditionem Franciscus susceperit. Cum, uti rerum gestarum scriptores enarrant, a Sabaudiae Duce cum Bernensibus et Genevensibus exeunte anno MDLXXXXIII induciae essent initae, tum maxime visum est, ad Chaballicenses Ecclesiae reconciliandos nihil magis profuturum, quam si, missis illuc studiosis doctisque divini verbi praeconibus, persuasione adhibita, sensim ad fidem allicerentur. Cum autem is, qui primis regionem adiit, vel quod haereticorum desperaret emendationem vel quod sibi metueret, e sacro certamine discessisset, Salesius, qui sese, ut diximus, Episcopo Genevensi missionalem obtulerat, mense Septembri anno MDLXXXXIV, pedes, sine cibariis domesticisque copiis, nullo nisi fratris patruelis comitatu, ieiuniis precibusque ante iteratis cum sibi unice a Deo prosperum incepti exitum sponderet, in regionem haereticorum ingreditur. Sed cum illi contiones declinarent, eorum errores deliberavit per schedas convincere in sermonum intervallis a se exaratas, quarum exscripta exemplaria, de manu in manum tradita, inter haereticos quoque insinuarentur. Quae paginarum confectio gradatim conquievit tum denique cum incolae sacris contionibus frequentissimi interesse coeperunt; schedae autem manu ipsius Sancti Doctoris scriptae et post eius obitum dissipatae, multo post in volumen collectae sunt et decessori Nostro Alexandro VII oblatae; cui postea contigit, ut eundem cum in beatorum tum in sanctorum caelitum numerum, iudicio rite absoluto, referret. Iamvero in hisce Controversiis sanctus Doctor, quamquam concertatoriam quasi supellectilem superiorum aetatum commodissime adhibet, est tamen semper in disputando suus; ac, primum omnium, illud confirmat, auctoritatem in Ecclesia Christi ne cogitari quidem posse nisi legitimo mandato tributam, quo haeretici sacrorum administri prorsus careant; tum convictis eorum de Ecclesia natura erroribus, proprias verae Ecclesiae notas definit, easque demonstrat in catholica quidem Ecclesia reperiri, contra in reformata desiderari. Deinde Regulas fideidiligenter explanat, et eas violari ab haereticis, apud nos autem sancte custodiri ostendit ; peculiares denique tractatus adiicit, e quibus tamen solae exstant de Sacramentis et de Purgatorio disputationes. Mirabile est autem quam copioso doctrinae apparatu et quam sapienter instructa tamquam acie argumentorum noster adversarios adoriatur, eorumque mendacia et fallacias, ironia etiam dissimulantiaque felicissime usus, patefaciat. Cuius si aliquando verba videntur vehementiora, ex iis tamen eminet, ut ipsimet fatebantur adversarii, omnis disputationis eius moderatrix, vis caritatis; nam vel quando errantibus filiis eorum a catholica fide defectionem exprobrat, non alio eum spectare apparet, nisi ut viam sibi muniat ad eorum reditum enixe implorandum. Sed enim vel in controversiarum libro eandem animi effusionem reperire licet eundemque illum spiritum, quo redundant opera ad fovendam pietatem ab eo confecta; oratio autem tam elegans, tam urbana, tam bene ad persuadendum composita, ut ipsi haeresis administri asseclas suos soliti essent admonere, ne Genevensis missionalis blandimentis allici se et capi paterentur.

Itaque, Venerabiles Fratres, cum de Francisci Salesii rebus gestis et scriptis aliquid delibaverimus, reliquum est ut vos cohortemur ad saecularem eius memoriam in singulis vestris dioecesibus salubriter celebrandam. Neque enim velimus eiusmodi sollemnia sterili quadam praeteritarum rerum commemoratione absolvi, aut paucos ad dies contrahi; quin cupimus, ut hoc vertente anno ad diem usque octavum et vicesimum mensis Decembris, quo die is ad caelestia evolavit, quam accuratissime poterit, de virtutibus et praeceptis Sancti Doctoris fideles edocendos curetis. Vestrum igitur in primis erit, haec verba Nostra ad clerum populumque vobis concreditum perferre, atque illustrare diligenter. Illud enim praecipue Nobis in optatis est, ut fideles ad sanctitatis uniuscuiusque propriae colendae officium revocetis, cum nimis multi sint qui vel nunquam de vita aeterna recogitent vel salutem animae suae prorsus neglegant. Alii enim, operosis negotiis implicati, nihil curant nisi de pecunia congerenda, dum animus misere esurit; alii vero, voluptatibus dediti, sic se abiiciunt in terram, ut gustatus earum rerum, quae supra sensus sunt, obtundatur in iis atque hebescat; alii denique ad tractandam accedunt rem publicam, de civitate quidem solliciti, at sui ipsorum immemores. Quare vos, instituto Salesii, efficite, Venerabiles Fratres, ut populus intellegat, vitae sanctimoniam haud esse singulare beneficium, quod aliquibus concedatur, ceteris posthabitis, sed communem omnium sortem et commune officium; virtutum vero adeptionem, etsi in labore posita est – qui labor voluptate animi solaciisque omne genus compensatur – esse tamen unicuique parabilem divinae gratiae praesidio, quod nulli denegatur. Potissimum autem fidelium imitationi Francisci mansuetudinem proponite ; haec enim virtus, quae tam pulcre reddit atque exprimit Iesu Christi benignitatem ac tantum potest ad alliciendos homines, si semel animos vulgo pervaserit, nonne publicae privataeque rationes facile componantur? Nonne hac cum virtute, quam recte dixeris exteriorem divinae caritatis ornatura, in domestico convictu atque etiam in civitate summa tranquillitas et concordia consistat? Atque apostolatui, quem vocant, cum sacerdotum tum laicorum, si quidem christianam lenitatem praeferat, numquid non ingens accedat vis ad societatem hominum emendandam? Videtis igitur quanto opere intersit, ut populus christianus Francisci et sanctissima exempla mente animoque complectatur et praecepta veluti vivendi disciplinam teneat. Quod ut detur effectum, mirum quantum proderit libros et opuscula, quae diximus, in vulgus quam latissime propagari; eiusmodi enim scripta, ut sunt facilia intellectu atque ad legendum iucunda, in fidelium animis germanae solidaeque pietatis studium excitatura sunt, quod sacerdotes fovebunt aptissime, si quidem ipsi Salesii doctrinam in sucum et sanguinem converterint dulcissimamque eius eloquentiam erunt imitati. Qua in re, Venerabiles Fratres, memoriae traditum est, decessorem Nostrum Clementem VIII iam tum praenuntiasse quam mirificam essent Francisci et verba et scripta in populo habitura virtutem. Cum enim Pontifex, Purpuratis Patribus doctissimisque viris assidentibus, Salesii, ad episcopatum electi, sacrarum disciplinarum scientiam expertus esset, tanta affectus est admiratione, ut hominem peramanter amplexus, iis verbis sit allocutus: Vade, fili, et bibe aquam de cisterna tua et fluenta putei tui, deriventur fontes tui foras, et in plateis aquas tuas divide (12). Ita sane Franciscus contionabatur, ut eius praedicatio tota esset in ostensione spiritus et virtutis, cum, ex Bibliis et Patribus hausta, non modo sanis doctrinae theologicae nutrimentis aleretur, sed etiam ex caritatis delinimento mollior ac suavior exsisteret. Non est igitur cur miremur, ab eo tam plurimos numero haereticos ad Ecclesiam revocatos esse, eodemque magistro ac duce tot fideles, hoc trium saeculorum intervallo, perfectum vitae institutum tenuisse.

Sed praecipuum quemdam utilitatis fructum ex hisce sollemnibus percipiant optamus omnes ii catholici viri, quotquot vel diariis vel aliis scriptis in vulgus edendis christianam sapientiam illustrant, provehunt, tuentur. Qui quidem Francisci in disputando vim cum temperantia et caritate coniunctam imitentur oportet ac retineant. Quid enim ipsis agendum sit, sanctus Doctor exemplo suo aperte monet: ut scilicet doctrinam catholicam perdiligenter explorent et pro viribus calleant; vera ne depravent, neve, per speciem devitandae adversariorum offensionis, extenuent aut dissimulent; ipsam sermonis formam ac venustatem accurent, et cogitata sic luminibus verborum distinguant atque ornent, ut veritate lectores delectentur; si quos autem oppugnare debeant, sciant errata refellere malorumque hominum improbitati obsistere, ita tamen, ut se recte animatos in primisque cantate instinctos exhibeant. Quoniam vero iis, quos memoravimus, catholicis scriptoribus non constat ex publico ac sollemni Apostolicae Sedis documento Salesium datum esse Patronum, hanc Nos faustam occasionem nacti, de certa scientia ac matura deliberatione, auctoritate Nostra apostolica, per hanc Encyclicam Epistolam, Sanctum Franciscum Salesium, Episcopum Genevensem et Ecclesiae Doctorem, iis omnibus Caelestem Patronum damus seu confirmamus, ac declaramus, non obstantibus contrariis quibuslibet.

Iam vero, Venerabiles Fratres, quo saecularia haec sollemnia et augustiora et fructuosiora evadant, fidelibus vestris nulla desint oportet invitamenta pietatis, ita, ut hoc praeclarum Ecclesiae lumen qua decet veneratione colant, atque, eo usi deprecatore, animum, a peccati vestigiis expiatum ac divino refectum epulo, ad sanctitatem brevi adipiscendam fortiter suaviterque dirigant. Curate igitur ut in civitate honoris vestri sede et in singulis dioecesis paroeciis, per hunc annum, ad diem octavum ac vicesimum mensis Decembris, triduanae vel novendiales supplicationes fiant, in quibus divini verbi praedicatio habeatur, cum intersit quam maxime, populum de iis diligenter erudiri, quae, Salesio duce, eum ad altiora permoveant. Erit praeterea vobis curae, ut iis aliis, qui opportuniores videantur, modis sanctissimi Episcopi res gestae commemorentur. Atque ut sacrorum munerum thesaurum, Nobis divinitus creditum, in animarum bonum reseremus, tribuimus, ut qui iis, quas diximus, supplicationibus pie interfuerint, unoquoque die septem annorum totidemque quadragenarum, et postremo eorum, vel quo alio cuivis libuerit, die plenariam usitatis condicionibus indulgentiam lucrentur. Ne vero Anneciense Visitationis Coenobium, ubi Salesius requiescit — cuius quidem ante venerabile corpus Nos olim incredibili cum voluptate animi Sacrum fecimus — itemque Tarvisinum, in quo cor eius adservatur, ceteraeque Monialium a Visitatione familiae peculiari aliqua careant benignitatis Nostrae significatione, damus, ut quicumque, per sacra menstrua, quae ipsaemet in gratiarum actionem hoc anno habebunt, praetereaque die octavo ac vicesimo mensis Decembris, pariter hoc tantum anno, earum ecclesias de more inviserint atque, poenitentia expiati et Eucharisticis dapibus refecti, ad mentem Nostram oraverint, plenariam item veniam acquirant.

Vos autem, Venerabiles Fratres, fideles curis vestris commissos vehementer hortamini, ut Sanctum Doctorem Nostra causa obsecrent : quandoquidem enim Deo placuit, ut Ecclesiam suam difficillimis temporibus regundam susciperemus, utinam, Salesio auspice, qui Apostolicam Sedem insigni studio ac reverentia est prosecutus eiusque iura atque auctoritatem in Controversiis mirifice defendit, id feliciter eveniat, ut, quotquot a Christi lege et caritate alieni sunt, eos omnes, ad pascua vitae aeternae redeuntes, in communione atque osculo pacis amplectamur. Caelestium interea donorum conciliatrix et paternae benevolentiae Nostrae testis sit apostolica benedictio, quam vobis, Venerabiles Fratres, universoque clero ac populo vestro amantissime impertimus.
Datum Romae apud Sanctum Petrum die XXVI mensis Ianuarii, anno MDCCCCXXIII, Pontificatus Nostri primo.
 
PIUS PP. XI  
*A.A.S., vol. XV (1923), n. 2, pp. 49-63.
 
(1) I Thess., IV, 3.
(2) MATTH., V, 48.
(3) S. AUG., 1. De natura et gratia, c. 43, n. 50.
(4) Sap., VIII, 16.
(5) MATTH., xi, 29.
(6) Iudic., XIV, 14.
(7) Hom. 58 in Gen.
(8) MATTH., V, 4.
(9) Act., I, 1.
(10) Litt. Ap. Pii IX d. 16 Nov. 1877.
(11) Ibidem.
(12) Proverb., V, 15, 16.
비오 11세 성하의 성인 선종 3백주년 기념 칙서. 1923년 1월 26일

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교황 비오 11세 성하의,[聖 프란치스꼬 살레시오 주교 
서거 300 주년(1622~1922) 기념 칙서].
<1923년 1월 26일 발표> RERUM OMNIUM PERTURBATIONEM.

LETTERA ENCICLICA 
RERUM OMNIUM PERTURBATIONEM
DI SUA SANTITA PIO XI AI VENERABILI FRATELLI PATRIARCHI, PRIMATI, ARCIVESCOVI, VESCOVI ED AGLI ALTRI ORDINARI LOCALI CHE HANNO PACE E COMUNIONE CON LA SEDE APOSTOLICA SU SAN FRANCESCO DI SALES
Venerabili Fratelli, salute e Apostolica Benedizione.

Esaminando nella Nostra recente Enciclica lo scompiglio in cui si dibatte oggi il mondo, al fine di adottare l’opportuno rimedio a tanto male, ne scorgemmo la radice nell’anima stessa degli uomini, e ne vedemmo l’unica speranza di guarigione nel ricorso all’opera del divino Medico nostro Gesù Cristo per mezzo della santa Chiesa. Si tratta infatti d’imporre un freno alla smoderatezza delle cupidigie, prima origine delle guerre e delle contese, dissolvitrice non meno dei vincoli sociali che delle relazioni internazionali; di stornare dai beni transitori di quaggiù le mire degli individui per rivolgerle ai beni imperituri troppo trascurati dalla maggior parte degli uomini. Che se ognuno si proporrà di attenersi fedelmente al proprio dovere, subito si verificherà il miglioramento della società. E a questo tende appunto la Chiesa col suo magistero e ministero: cioè ad istruire gli uomini con la predicazione delle verità divinamente rivelate e a santificarli con la copiosa infusione della grazia divina; argomentandosi in tal guisa di richiamare alla primitiva prosperità questa stessa società civile da lei un giorno plasmata secondo lo spirito cristiano, ogni qual volta la vede allontanarsi dal retto cammino.

E ad una tale opera di comune santificazione la chiesa attende con la maggiore efficacia, quando, per benigno dono del Signore, può proporre all’imitazione dei fedeli or questo or quello dei suoi figli più cari, che riuscirono insigni nell’esercizio di tutte le virtù. E ciò fa secondo l’indole tutta sua propria, costituita com’è da Cristo suo Fondatore, santa in se stessa e sorgente di santità; mentre quanti si affidano alla guida del suo magistero debbono per volere di Dio tendere vigorosamente alla santità della vita. «Questa è la volontà di Dio», dice San Paolo, « la vostra santificazione » (1); e quale debba essere questa santificazione dichiarò lo stesso Signore: « Siate dunque perfetti com’è perfetto il Padre vostro celeste » (2). Né si creda già che l’invito sia rivolto solo ad alcune poche anime privilegiate, e che gli altri possano rimanersene contenti di un grado inferiore di virtù. Al contrario, come appare dal tenore delle parole, la legge è universale e non ammette eccezione; d’altra parte, quella moltitudine di anime di ogni condizione ed età, le quali come attesta la storia, toccarono l’apice della perfezione cristiana, sortirono le medesime debolezze della nostra natura e dovettero superare i medesimi pericoli. Tant’è vero, come dice ottimamente Sant’Agostino, che « Dio non comanda l’impossibile; ma quando comanda, avverte di fare ciò che si può e di domandare ciò che non si può » (3).

Orbene, Venerabili Fratelli, la solenne commemorazione, celebratasi l’anno passato, del terzo centenario dalla canonizzazione dei cinque grandi santi Ignazio di Loyola, Francesco Saverio, Filippo Neri, Teresa di Gesù ed Isidoro Agricoltore, giovò non poco a rinfervorare nei fedeli l’amore alla vita cristiana. Ed ora, ecco ricorrere con felice augurio il terzo centenario della nascita al cielo di un altro grande Santo, il quale rifulse non solo per l’eccellenza delle virtù da lui stesso esercitate, ma anche per la perizia nel guidare le anime nella scuola della santità. Intendiamo parlare di San Francesco di Sales, Vescovo di Ginevra e Dottore della Chiesa; il quale, come già quei luminari di perfezione e sapienza cristiana poc’anzi ricordati, parve inviato da Dio, per opporsi all’eresia della Riforma, origine di quell’apostasia della società dalla Chiesa i cui dolorosi e funesti effetti ogni animo onesto oggi deplora. Oltre a ciò, sembra che il Sales sia stato donato da Dio alla Chiesa per un intento particolare: per smentire cioè il pregiudizio, fin d’allora già in molti radicato e oggi non ancora estirpato, che la vera santità, quale viene proposta dalla Chiesa, o non si possa conseguire, o almeno sia così difficile raggiungerla da sorpassare la maggioranza dei fedeli ed essere riservata unicamente ad alcuni pochi magnanimi; che per di più sia impastoiata di tante noie e fastidi da non potersi affatto adattare a chi vive fuori del chiostro.

Pertanto il venerato Nostro antecessore Benedetto XV, parlando di quei cinque Santi ed accennando alla prossima commemorazione della morte beata di San Francesco di Sales, manifestò il desiderio di parlarne di proposito in un’Enciclica al mondo intiero. E Noi ben volentieri adempiamo a questo desiderio come ad una cara eredità ricevuta dal Nostro antecessore; spinti inoltre dalla speranza che i frutti delle feste poc’anzi celebrate vengano compiuti e coronati dai frutti di questa nuova commemorazione.


Chi studia attentamente la vita del Sales, troverà che, fin dai primi anni, egli fu modello da una santità non austera e cupa, ma amabile e accessibile a tutti, potendosi con tutta verità dire di lui: « La sua conversazione non ha nulla di amarezza, né il convivere con lui dà tedio, ma letizia e gioia » (4). Adorno di ogni virtù, brillava tuttavia per una dolcezza di animo così propria da poterla rettamente dire la sua virtù caratteristica; dolcezza però ben diversa da quell’amabilità artefatta che consiste tutta nella ricercatezza dei modi e nello sfoggio di un’affabilità cerimoniosa, e affatto aliena sia dall’apatìa, che di nulla si commuove, sia dalla timidità che non ardisce, anche quando bisogna, indignarsi. Tale virtù, germogliata nel cuore del Sales come frutto soavissimo della carità, nutrita in lui dallo spirito di compassione e di accondiscendenza, ne temprava con la sua dolcezza la gravità dell’aspetto e ne illeggiadriva la voce ed il gesto in modo da conciliargli presso tutti la più affettuosa riverenza.

Sono note la sua facilità nell’ammettere e l’amabilità nel ricevere ognuno, ma particolarmente i peccatori e gli apostati che gli affluivano in casa per riconciliarsi con Dio ed emendare la vita; le sue predilezioni per i poveri carcerati, che cercava i consolare con mille iniziative caritatevoli nelle frequenti sue visite; la grande indulgenza con la quale soleva trattare con i propri domestici, tollerandone con eroica loganimità le lentezze e le sbadataggini. La qual dolcezza d’animo non gli venne mai meno per variare o di persone o di tempi o di circostanze, ora prospere ora avverse; né mai gli eretici stessi, per quanto lo molestassero, ebbero a sperimentarlo meno affabile o meno accessibile. Quando, sacerdote da un anno appena, senza badare alle opposizioni del padre, si offerse spontaneamente per procurare la riconciliazione del Chiablese con la Chiesa e ben volentieri venne esaudito dal Granier, Vescovo di Ginevra, grande fu certo lo zelo che dimostrò, niuna fatica ricusando, niun pericolo fuggendo, nemmeno di morte; ma ad ottenere la conversione di tante migliaia di persone, meglio della sua grande dottrina e della sua vigorosa eloquenza, gli valse l’inalterata sua dolcezza nel compimento degli svariati uffici del sacro ministero. Solito ripetere quella sentenza memorabile, che « gli Apostoli non combattono se non con i patimenti, non trionfano se non con la morte », è difficile dire con qual vigore e costanza promuovesse la causa di Gesù Cristo nel Chiablese. Fu visto allora correre per valli profonde e arrampicarsi per gole scoscese allo scopo di portare a quei popoli il lume della fede ed il conforto della speranza cristiana; sfuggito, correr loro dietro chiamandoli a gran voce; respinto brutalmente, non darsi per vinto; minacciato, ritentare l’impresa; cacciato spesso dagli alberghi, passare le notti tra le nevi e a cielo scoperto; celebrare anche quando nessuno volesse intervenire; continuare la predica, anche quando gli uditori l’uno dopo l’altro se ne andavano quasi tutti, senza perdere mai nulla della sua serenità d’animo, dell’amabile sua carità verso gli ingrati; e con ciò finalmente espugnare la resistenza degli avversari più ostinati.

Errerebbe però chi si desse a credere che nel Sales fosse questo piuttosto privilegio di una natura prevenuta dalla grazia di Dio « con le benedizioni della dolcezza » come si legge di altre anime fortunate. Che anzi, Francesco, per la stessa sua complessione, fu di carattere vivo e pronto all’ira. Ma, propostosi come modello da imitare quel Gesù che aveva detto: « Imparate da me che sono mansueto ed umile di cuore »(5), mediante la vigilanza continua e la violenza fatta a se stesso, seppe reprimere e frenare i moti dell’animo in modo tale da riuscire un vivo ritratto del Dio della pace e della dolcezza. E ciò viene confermato dalla testimonianza dei medici, i quali, come si legge, nel trattarne la salma per imbalsamarla, ne ritrovarono il fiele come impietrito e ridotto in minutissimi calcoli; dal quale portento giudicarono quanto violenti sforzi gli fosse dovuto costare il trattenere per cinquant’anni la sua naturale iracondia. Tanta dolcezza fu dunque nel Sales frutto di una grande forza d’animo, nutrita continuamente dal vigore della fede e dal fuoco della divina carità; sicché a lui si può applicare il motto della Sacra Scrittura: «Dal forte è uscita la dolcezza »(6).

Non è dunque a stupire se la dolcezza pastorale onde andava ornato e della quale, al dire del Crisostomo, « nulla è più violento »(7), godesse, nell’attirare i cuori, di quell’efficacia che Gesù Cristo promise ai mansueti: «Beati i mansueti perché essi possederanno la terra »(8). D’altra parte, quale fosse anche la fortezza d’animo in questo esemplare di mansuetudine, apparve chiaramente allorché gli toccò opporsi ai potenti per tutelare gli interessi della gloria di Dio, della dignità della Chiesa e della salute delle anime. Così quando dovette difendere l’immunità della giurisdizione ecclesiastica contro il Senato di Chambéry. Avendo ricevuto da esso una lettera con cui lo si minacciava di togliergli una parte delle rendite, non solo egli rispose conforme alla propria dignità all’inviato, ma non desistette dal chiedere riparazione all’ingiuria fattagli se non quando ebbe dal Senato piena soddisfazione. Con uguale fermezza d’animo sostenne lo sdegno del sovrano, presso il quale era stato accusato coi fratelli a torto; né meno vigorosamente resistette alle ingerenze degli ottimati quando si trattava di conferire benefizi ecclesiastici; parimenti, riuscito inutile ogni altro mezzo, condannò i contumaci che avevano ricusato di pagare le decime al Capitolo di Ginevra.

E così fu solito riprovare con evangelica libertà i vizi pubblici e smascherare l’ipocrisia, simulatrice di virtù e di pietà; e, benché rispettoso, quanto altri mai, verso i sovrani, giammai si piegò a lusingarne le passioni o ad accondiscendere alle loro smodate pretese.
Ed ora, Venerabili Fratelli, passiamo a dare uno sguardo al modo con il quale il Sales, per se stesso modello amabile di santità, mostrò agli altri, nei suoi scritti, la via sicura ed agevole alla perfezione cristiana, anche in questo imitatore di Gesù Cristo, il quale « cominciò ad operare e ad insegnare » (9).

Molte sono le opere che egli pubblicò con questo medesimo intento; ma tra esse vanno segnalati i due suoi libri più conosciuti: la Filotea e il Trattato dell’amor di Dio. Nel primo, il Sales, dopo aver messo in chiaro quanto la durezza, che atterrisce e scoraggia nell’esercizio delle virtù, sia aliena dalla pietà genuina, benché egli non privi questa della severità conveniente alla morigeratezza cristiana, si mette di proposito a dimostrare come la santità sia perfettamente conciliabile con ogni sorta di ufficio e di condizione della vita civile, e come in mezzo al mondo ciascuno possa comportarsi in modo confacente alla salvezza dell’anima, purché si mantenga immune dallo spirito mondano.

Pertanto da lui apprendiamo a fare quello che tutti comunemente fanno — eccettuata beninteso, la colpa — ma insieme a farlo — il che non tutti fanno — santamente e con l’intenzione appunto di piacere a Dio. Inoltre egli c’insegna ad osservare le convenienze, da lui chiamate leggiadro ornamento delle virtù; non a distruggere la natura, ma a vincerla, e a poco a poco levarci con agevole sforzo al cielo, a guisa dell e colombe, se non ci è dato il volo dell’aquila; cioè a conseguire la santità della vita per la via comune, quando non siamo chiamati ad una perfezione straordinaria.

Sempre con stile dignitoso e scorrevole, ma altresì vario per ingegnosa acutezza di pensiero e grazia di dettato, onde più accetti e di più piacevole lettura riescono i suoi insegnamenti, dopo avere esposto come dobbiamo tenerci lontani dalla colpa, combattere le cattive inclinazioni e scansare le cose inutili e le nocive, passa a spiegare quali siano gli esercizi che nutrono lo spirito e quale il modo di tenere unita l’anima con Dio. Dopo di che indica la scelta di una particolare virtù da coltivare di proposito e costantemente, sino ad averla acquisita.

Indi tratta delle singole virtù, della decenza, dei discorsi onesti e degli scorretti, dei divertimenti leciti e dei pericolosi, della fedeltà a Dio, dei doveri dei coniugati, delle vedove e delle vergini. Infine ci ammaestra a conoscere non meno che a vincere i pericoli, le tentazioni e le attrattive dei piaceri; e come ogni anno si abbia a rinnovare e a riaccendere il fervore dello spirito con i santi propositi.
Dio volesse che questo libro, il più perfetto nel suo genere, a giudizio dei suoi contemporanei, come fu una volta nelle mani di tutti, così ora fosse da tutti letto; allora sì che la pietà cristiana rifiorirebbe dappertutto e la Chiesa di Dio si rallegrerebbe nel vedere farsi comune tra i suoi figli la santità.

Di maggiore rilievo ed importanza è il Trattato dell’amor di Dio, nel quale il santo Dottore tratta quasi la storia dell’amore di Dio, esponendone le origini e i progressi, nonché le ragioni per cui comincia a rafreddarsi ed a languire, ed insegnando poi il modo di esercitare e progredire in esso. E quando se ne presenta l’occasione, egli spiega con chiarezza le questioni più difficili, quali intorno alla grazia efficace, alla predestinazione, alla vocazione alla fede; e non aridamente, ma, conforme al suo ingegno fecondo e pronto, adornando la trattazione con tanta piacevolezza ed insieme soavità di unzione, e illustrandola con tanta varietà di similitudini, di esempi e di citazioni, tolte per lo più dalla Sacra Scrittura, da sembrare che quanto egli scrive fiorisca, non meno che dalla sua mente, dal suo cuore e dalle sue più intime fibre.

I medesimi princìpi della vita spirituale, contenuti in questi due volumi, egli li volse a profitto delle anime e nella quotidiana cura e direzione spirituale e nelle sue mirabili Lettere. Gli stessi princìpi egli applicò nel governo delle Religiose della Visitazione, l’istituto da lui fondato che conserva ancora fedelmente il suo spirito. Infatti tutto, per così dire, spira moderazione e soavità in questa religiosa famiglia, la quale è destinata ad accogliere le vergini, le vedove e le donne deboli o inferme, o innanzi nell’età, nelle quali le forze del corpo non sono pari al fervore dello spirito. E così non è ivi costume di lunghe vigilie o salmodie, non asprezza di penitenze e di mortificazioni, ma soltanto la osservanza di regole tanto miti ed agevoli, che tutte le religiose, anche quelle di poca salute, possono facilmente osservarle.
Senonché tali agevolazioni e soavità di osservanza devono essere animate da tanto fuoco di amor di Dio, che le religiose, le quali si gloriano di essere figlie del Sales, vanno segnalate nella perfetta abnegazione di sé e nella più umile obbedienza, mettendo ogni studio non per apparenti ma per solide virtù, ed a morire a se stesse per vivere in Dio.

E in ciò chi non riconosce quella singolare unione di forza e di soavità, quale si ammira nel Santo Fondatore?

Pur tacendo di molti scritti del Sales, dai quali pure « la sua celeste dottrina, quasi fiume d’acqua viva, irrigando il campo della Chiesa… corse utilmente a salute del popolo di Dio » (10), non possiamo non citare il libro delle Controversie, nel quale, senza dubbio, si contiene «una piena dimostrazione della fede cattolica » (11). È noto, Venerabili Fratelli, in quali circostanze Francesco intraprese la missione nel Chiablese. Quando, come narra la storia, il Duca di Savoia concluse una tregua con i Bernesi e i Ginevrini sul finire dell’anno 1593, parve proprio che nulla avrebbe giovato a riconciliare con la Chiesa i popoli del Chiablese come lo spedire colà zelanti e dotti predicatori, perché con la persuasione li attirassero a poco a poco alla fede. E poiché colui che per primo si era recato in quella contrada aveva disertato il campo, o perché disperasse dell’emendazione degli eretici o perché li temesse, il Sales che, come si disse, si era offerto missionario al Vescovo di Ginevra, nel settembre del 1594 si mise in cammino, e a piedi, senza viveri e senza provvisioni, con la sola compagnia di suo cugino, dopo ripetuti digiuni e preghiere a Dio, da cui soltanto si riprometteva il felice esito dell’impresa, fece il suo ingresso nella terra degli eretici. Ma poiché questi schivavano le sue prediche, deliberò di confutare i loro errori con fogli volanti, da lui scritti fra una predica e l’altra, e disseminati in tante copie, che, passando di mano in mano, finissero con l’insinuarsi anche tra gli eretici.

Questo lavoro di fogli volanti andò diminuendo e cessò del tutto quando gli abitanti cominciarono a frequentare in gran numero le prediche; i fogli che erano stati scritti di mano del santo Dottore, e che dopo la sua morte erano andati dispersi, vennero molto tempo dopo raccolti in volume ed offerti al nostro Predecessore Alessandro VII, il quale ebbe la sorte di ascrivere il Sales, fatti i debiti processi, prima fra i beati, poi tra i santi. Ora in queste Controversie, benché il santo Dottore si serva, con ogni larghezza del corredo polemico, diciamo così, dei secoli precedenti, tuttavia nel disputare ha un modo tutto suo proprio; e prima d’ogni altra cosa stabilisce che nella Chiesa di Cristo non si può neppure pensare un’autorità data senza legittimo mandato, del quale mancano totalmente i ministri del culto eretici; quindi, mostrati i loro errori intorno alla natura della Chiesa, definisce le note proprie della vera Chiesa e fa vedere che esse si riscontrano nella Chiesa cattolica, ma non nella « riformata ». Poi spiega accuratamente le Regole della fede, e dimostra che esse sono violate dagli eretici, mentre presso di noi esse sono rigorosamente osservate; aggiunge infine speciali trattati, dei quali però ci rimangono solo le questioni sui Sacramenti e sul Purgatorio. E sono veramente ammirabili il copioso apparato di dottrina e gli argomenti sapientemente schierati come in falange, con cui egli investe gli avversari e svela le loro menzogne e le loro falsità, servendosi anche, assai garbatamente, di una coperta ironia.

Che se talvolta le sue parole sembrano alquanto forti, da esse però spira sempre, come gli stessi avversari ammettevano, quel soffio di carità, che era la virtù regolatrice di ogni sua disputa; giacché anche quando ai figli erranti rinfaccia la loro defezione dalla fede cattolica, si vede chiaramente come egli non ha altra mira che di aprirsi la strada per scongiurare più caldamente di ritornare alla stessa fede. E anche nel libro delle Controversie è facile riscontrare la stessa espansione dell’animo e quel medesimo spirito, del quale abbondano le opere che egli compose per aumentare la pietà. Lo stile poi è così elegante, così garbato, così efficace, che gli stessi ministri dell’eresia solevano mettere in guardia i loro seguaci perché non si lasciassero allettare e vincere dalle lusinghe del Vescovo di Ginevra.

Pertanto, Venerabili Fratelli, dopo questo saggio che abbiamo dato delle imprese e degli scritti di Francesco di Sales, non ci rimane che esortarvi a celebrare salutarmente la centenaria memoria di lui nelle vostre diocesi. Infatti, non vorremmo che tale solenne ricorrenza si riducesse ad una sterile commemorazione di cose passate o si restringesse a pochi giorni, ma desideriamo che nel corso di quest’anno sino al 28 dicembre, giorno in cui egli dalla terra volò al cielo, con la maggior cura possibile cerchiate di fare istruire i fedeli intorno alle virtù e agli insegnamenti del santo Dottore.

Sarà dunque, innanzi tutto, vostra cura di far conoscere al clero e al popolo a voi affidato, le cose che Noi vi abbiamo esposte e di spiegarle loro con ogni diligenza.

Poiché il Nostro più vivo desiderio è che voi richiamiate i fedeli al dovere di praticare la santità propria dello stato di ciascuno, essendo purtroppo grande il numero di coloro che o non pensano mai all’eternità o trascurano del tutto quanto riguarda la salute dell’anima loro. Vi sono, infatti, taluni che, tutti immersi negli affari, d’altro non si curano che di accumular danaro, mentre lo spirito resta miseramente vuoto; altri, invece, tutti dediti a soddisfare le proprie passioni, cadono così in basso, da rendersi incapaci di gustare quanto trascende i sensi; altri, infine, si danno alla vita politica, ma così presi dal governo della cosa pubblica, dimenticano se stessi. Pertanto, Venerabili Fratelli, sull’esempio del Sales, adoperatevi a far bene intendere ai fedeli che la santità della vita non è un privilegio di pochi, a esclusione degli altri, ma che ad essa tutti sono chiamati, e che a tutti ne incombe l’obbligo; che l’acquisto delle virtù poi, sebbene non sia senza fatica — la quale trova, nondimeno, anche un meritato compenso nella consolazione dell’anima e nei conforti d’ogni genere che l’accompagnano — pure è reso a tutti possibile con l’aiuto della grazia divina, a nessuno negata. E in una maniera tutta speciale proponete all’imitazione dei fedeli la mansuetudine di Francesco; giacché questa virtù, che così bene ricorda ed esprime la benignità di Gesù Cristo, e ha tanta forza da legare gli animi, non condurrà facilmente, ove si diffonda fra gli uomini, a comporre tutte le differenze, pubbliche e private?

E non è forse da ripromettersi, dalla pratica di questa virtù, che a ragione può dirsi l’esterno ornamento della divina carità, perfetta pace e concordia nella famiglia e nella società stessa? E al cosidetto apostolato, sia dei sacerdoti, come dei laici, non sarà forse aggiunta una forza potente per il miglioramento della società ove sia condotto con cristiana dolcezza? Vedete, dunque, quanto importi che il popolo cristiano volga la mente agli esempi santissimi di Francesco, se ne edifichi, e prenda gli insegnamenti di lui come regola di vita. A tal fine, appena può immaginarsi di quanto giovamento debbano riuscire i libri e gli opuscoli già ricordati, se saranno il più largamente possibile diffusi fra il popolo; giacché tali scritti, facili come sono ad intendersi e di gradita lettura, ecciteranno negli animi dei fedeli l’amore alla vera e solida pietà, amore che i sacerdoti riusciranno a coltivare con ottimo esito, ove essi sappiano convertire in succo e sangue la dottrina del Sales ed imitarne il soavissimo eloquio. Al qual proposito, Venerabili Fratelli, si narra che il nostro precedessore Clemente VIII già allora avesse preannunciato quanto mirabile giovamento avrebbero recato al popolo cristiano le parole e gli scritti di Francesco. Avendo, infatti, il Pontefice, circondato da Cardinali e altri dottissimi personaggi, esaminata la perizia nelle scienze sacre del Sales, eletto alla dignità episcopale, ne fu preso da tanta ammirazione, che, abbracciandolo con grande affetto, gli rivolse queste parole: «Va, o figlio, e bevi dell’acqua della tua cisterna e della sovrabbondanza del tuo pozzo; al di fuori si spandano le tue sorgenti e distribuisci per le piazze le tue acque » (12). E in verità, tale era la maniera tenuta da Francesco nei suoi sermoni, che tutta la sua predicazione era « nella dimostrazione dello spirito interiore e della virtù », come quella che, derivata dalla Sacra Scrittura e dai Padri, non solamente si alimentava del solido nutrimento d’una sana dottrina teologica, ma dalla dolcezza della carità era resa anche più gradita e soave. Così non è da meravigliarsi se, per opera sua, sia tornato alla Chiesa un numero così grande di eretici, e se, dietro il suo magistero e la sua guida, tanti fedeli, in questi ultimi tre secoli, siano pervenuti ad un alto grado di perfezione.

Ma vorremmo che da queste solenni ricorrenze precipuo vantaggio ritraessero tutti quei cattolici, che con la pubblicazione o di giornali o di altri scritti illustrano, promuovono e difendono la cristiana dottrina. Ad essi è necessario, nelle discussioni, imitare e mantenere quel vigore, congiunto con moderazione e carità, tutto proprio di Francesco. Egli, infatti, con il suo esempio, insegna loro chiaramente la condotta da tenere. Innanzi tutto studino con somma diligenza e giungano, per quanto possono, a possedere la dottrina cattolica; si guardino dal venir meno alla verità, né, con il pretesto di evitare l’offesa degli avversari, la attenuino o la dissimulino; abbiano cura della stessa forma ed eleganza del dire, e si studino di esprimere i pensieri con la perspicuità e l’ornamento delle parole, in maniera che i lettori si dilettino della verità. Se si presenta il caso di combattere gli avversari, sappiano, sì, confutare gli errori e resistere alla improbità dei perversi, ma in modo da dare a conoscere di essere animati da rettitudine e soprattutto mossi dalla carità. E poiché non consta che il Sales sia stato dato a Patrono dei ricordati scrittori cattolici con pubblico e solenne documento di questa Apostolica Sede, Noi, cogliendo questa fausta occasione, di certa scienza e con matura deliberazione, con la Nostra apostolica autorità diamo o confermiamo, e dichiariamo, mediante questa Lettera Enciclica, San Francesco di Sales, vescovo di Ginevra e Dottore della Chiesa, celeste Patrono di essi tutti, nonostante qualsiasi cosa in contrario.

Ora, Venerabili Fratelli, affinché queste solennità centenarie riescano più splendide e più fruttuose, conviene che ai vostri fedeli non manchi nessuna specie di pii impulsi perché onorino con la debita venerazione questo gran luminare della Chiesa, e con la sua intercessione, purificate le anime dai resti della colpa e corroborate alla mensa divina, s’indirizzino con forza e dolcezza insieme ad acquistare in breve tempo la santità. Procurate, quindi, che nelle vostre città vescovili e in ogni parrocchia delle vostre diocesi, nel corso di quest’anno fino al 28 dicembre, si celebri un triduo o una novena di sacre funzioni, con predicazione della divina parola, giacché importa soprattutto che il popolo sia bene istruito di tutte quelle verità che, con la guida del Sales, lo sollevino a più alta vita dello spirito. E sarà del pari vostro impegno far commemorare, negli altri nodi che vi sembreranno più opportuni, le imprese del Santo Vescovo.

Intanto, per aprire a bene delle anime il tesoro delle sante indulgenze a Noi affidato da Dio, concediamo, a quanti interverranno piamente alle funzioni suddette, l’indulgenza di sette anni e sette quarantene ogni giorno, e nel giorno ultimo o in qualsiasi altro che a ciascuno piacerà scegliere, l’indulgenza plenaria da lucrarsi alle solite condizioni. Ma, non volendo che restino senza qualche particolare dimostrazione del Nostro affetto né il monastero della Visitazione di Annecy, dove il Sales riposa — innanzi alle cui spoglie Noi avemmo già occasione di celebrare con immenso gaudio spirituale — né quello di Treviso dove si conserva il suo cuore, né le altre case delle religiose della Visitazione, concediamo che durante le funzioni mensili che esse celebreranno quest’anno in rendimento di grazie, e di più, ma parimenti per quest’anno solo, il giorno 28 del mese di dicembre, tutti coloro che visiteranno al modo solito le loro chiese, e, premessa la santa confessione e la comunione eucaristica, pregheranno secondo l’intenzione Nostra, guadagnino del pari l’indulgenza plenaria.
E voi, Venerabili Fratelli, esortate vivamente i fedeli che avete in cura, affinché preghino per Noi il santo Dottore: piaccia a Dio, poiché ha voluto che Noi prendessimo a reggere la sua Chiesa in tempi così difficili, che, con l’auspicio del Sales, il quale ebbe per la Sede Apostolica un amore ed una riverenza insigne, e difese anche mirabilmente i suoi diritti e la sua autorità nelle Controversie, felicemente avvenga che, quanti sono lontani dalla legge e dalla carità di Cristo, tutti tornando ai pascoli di vita eterna, Ci sia dato di abbracciarli nella comunione e nel bacio di pace. Intanto vi giunga, come pegno dei doni celesti e della Nostra paterna benevolenza, l’Apostolica Benedizione, che a voi, Venerabili Fratelli, e a tutto il clero e popolo vostro con ogni affetto impartiamo.
Dato a Roma, presso San Pietro, il 26 gennaio 1923, anno primo del Nostro Pontificato.
 
PIO XI
I Thess., IV, 3.
Matth., V, 48.
3 S. Aug., 1. De natura et gratia, c. 43, n. 50.
Sap., VIII, 16.
Matth., XI, 29.
Iudic., XIV, 14.
Hom. 58 in Gen.
Matth., V, 4.
Act., I, 1.
10 Litt. Ap. Pii IX d. 16 Nov. 1877.
11 Ibidem.
12 Proverb., V, 15, 16.

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교황 바오로 6세 성하의, [聖 프란치스꼬 살레시오 주교 
탄생 400 주년(1567~1967) 기념 칙서].
<1967년 1월 29일 발표> SABAUDIAE GEMMA.

SABAUDIAE GEMMA
EPISTOLA APOSTOLICA

NEL IV CENTENARIO DELLA NASCITA DI SAN FRANCESCO DI SALES DOTTORE DELLA CHIESA
Epistola apostolica ai Cardinali, Arcivescovi e Vescovi e agli altri Ordinari di Francia, Svizzera e Piemonte.
PAOLO VI
DILETTI FIGLI NOSTRI E VENERABILI FRATELLI SALUTE E APOSTOLICA BENEDIZIONE
 
Immortale onore di Annecy
San Francesco di Sales, gemma della Savoia e della Svizzera, è una grandissima gloria di Annecy, - città rinomata per i suoi monti, per il lago e i suoi dintorni, ma ancor più per i suoi storici monumenti sacri e profani, - poiché il vicino villaggio di Thorens si gloria di avergli dato i natali. Ricorrendo quest'anno il quarto centenario della sua nascita, si è ivi lodevolmente stabilito di onorarne la memoria con pubbliche feste e varie manifestazioni.

Di queste solennità Ce ne ha per tempo dato annunzio il venerabile Fratello Giovanni Sauvage, Vescovo di Annecy, informandoCi pure che, data la grandezza del Santo e l'importanza dell'avvenimento, egli intende invitare il maggior numero possibile di Vescovi della Francia e di altri paesi, per prender parte alla commemorazione e comune esultanza.

Seguendo le orme di Pio XI
Noi lodiamo e approviamo pienamente quanto il solerte Pastore ha stabilito. Anzi, sull'esempio del Nostro Predecessore Pio XI di felice memoria, il quale onorava il terzo centenario della morte di san Francesco di Sales con la Lettera Enciclica Rerum omnium, anche Noi, diletti Figli Nostri e Venerabili Fratelli, vogliamo mandarvi questa Lettera, per dimostrare a tutti che, secondo il desiderio del Vescovo di Annecy, prendiamo volentieri parte a queste celebrazioni, e fin d'ora ne auspichiamo l'esito più felice. E lo facciamo con tutto il cuore, anche perché, fin dalla prima età e poi maturi di anni, abbiamo sempre particolarmente venerato l'illustre Vescovo di Ginevra, e Ci è perciò cosa graditissima aggiungere splendore al suo nome.

Vi esortiamo quindi caldamente ad onorare in questa felice occasione il Dottore dell'amore divino e della dolcezza evangelica con sapiente riflessione e fervore di vera pietà. Presago il Nostro cuore Ci dice che ciò porterà frutti copiosi.
Lampada che arde e brilla
Nelle vostre regioni il santo Dottore della Chiesa fu sempre lucerna che arde e risplende (Cf Gv 5,35); di là irradiò più nitido il suo celeste splendore, e ancor oggi offre ampia materia di studio. E ciò perché egli fu soprattutto vostro, poiché lasciò profondi ricordi di sé a Parigi, a Lione, in Borgogna, a Ginevra, in Svizzera, e a Torino, ma soprattutto nella Savoia. Per un naturale legame con queste illustri terre, ha influito nel sentimento e nel tenore di vita cristiana anche degli uomini più insigni per virtù, come pochi o forse nessun altro dell'età sua e di quelle seguenti. Non v'è dubbio che, per l'esempio delle sue virtù, per la prudenza dei consigli e per l'insegnamento ascetico, influì grandemente quale maestro del clero in Francia, facendo rifiorire colà il genuino spirito sacerdotale; servì non poco a stimolare san Vincenzo de' Paoli a fondare la Congregazione dei Preti della Missione e delle Figlie della Carità; aiutò e precedette con la sua grande autorità e l'inventiva fiamma del suo genio superiore i tre formatori di quel clero: Pierre de Bérulle, san Giovanni Eudes e Jean Olier.

Infatti, grande è il suo insegnamento e la sua autorità nelle vostre regioni, e la spiritualità ed i costumi ovunque chiaramente risentono della dolcezza del Sales.

Ora poi, nella ricorrenza di questa circostanza, la sua memoria rispunta come una stella, e attirando a sé lo sguardo e la contemplazione, non elargirà forse generosamente luce, calore, sapienza e soavità? Certamente: tanto più che per varie ragioni egli si presenta adeguato alle attuali necessità.

Provvidi insegnamenti per l'epoca postconciliare
Dalla storia ecclesiastica appare chiaro che i Concili Ecumenici ebbero il loro pieno risultato adeguato alle speranze, quando, durante o dopo la loro celebrazione, santi ecclesiastici e pastori di esimia virtù cercarono di rendersi essi stessi legge viva e parlante e di eseguire le volontà e le deliberazioni dei Concili.

Tutti i migliori cristiani oggi desiderano ardentemente che tali uomini, esimii per santità, sorgano a risplendere e a combattere. E forse tra voi sta per apparire l'aurora di questo splendido giorno.
Comunque sia, bisogna avere fiducia: abbiamo una guida, un consigliere, un maestro che aiuterà e precederà voi, e con voi molti altri confratelli nell'Episcopato. Camminando innanzi a voi, vi aiuterà a compiere integralmente l'opera di salvezza e di santificazione.

Noi siamo certi che la verità, gioconda a conoscersi, convincerà tutti, se è studiata. Nessuno più e meglio del Sales, tra i recenti Dottori della Chiesa, ha saputo con il profondo intuito della sua sagacia, prevenire le deliberazioni del Concilio. Egli sarà di aiuto con l'esempio della vita, con l'abbondanza di una dottrina pura e sana, e con il suo sicuro metodo di spiritualità, aperto alla cristiana perfezione di persone di ogni stato e condizione. Tre cose si propongono: imitare, abbracciare, seguire. Se poi si considera l'indole e la forma delle virtù di san Francesco di Sales, è difficile darne una descrizione, poiché non appare a prima vista e con assoluta certezza, quale sia la loro natura e la loro caratteristica più eminente. Differisce stella da stella, gemma da gemma e un albero dall'altro, ed ogni bellezza si distingue per qualità sue proprie.

La bellezza risplende al massimo ed è perfetta quando assomma armoniosamente la varietà di molte bellezze. Così in un giardino lussureggiante, risaltano per la loro bellezza le erbe, gli alberi, i fiori e la loro fragranza e colore; ma più bello si presenta allo sguardo, se una giusta proporzione ed una adatta disposizione aggiungono in perfetta armonia bellezza a bellezza, così che dall'insieme risalti maggiormente la leggiadria e l'amabile grazia delle varie bellezze distinte.
Un simile accostamento e complesso di virtù piace e si ammira in Francesco di Sales.

Viene quindi spontaneo alla mente di applicare a lui ciò che san Gregorio Nazianzeno in un suo ardente discorso diceva di sant'Atanasio: «Esaltando Atanasio, io esalto la virtù, poiché parlare di lui è lodare la virtù, avendo egli posseduto o, più veramente, possedendo come sommate insieme tutte le virtù. Tutti infatti vivono per Dio, coloro che vissero secondo Dio, anche se hanno lasciato questa vita» (GREGORIO NAZIANZENO, Oratio XXI, In laudem magni Athanasii episcopi Alexandrini, 1: PG 35, 1082-1083.).

Acuta intuizione di mente, intelligenza forte e chiara, giudizio penetrante, incredibile amorevolezza e bontà, sorridente soavità di volto e di parola, quieto ardore di spirito sempre operoso, rara semplicità di vita non senza un modesto vanto del suo lignaggio, pace serena e tranquilla, moderazione sempre inalterata e sicura, non però disgiunta da fortezza - la dolcezza nasce da chi è forte - con la quale sapeva amare teneramente, ma anche essere fermo e raggiungere il suo intento; sublime elevatezza di mente e amore della bellezza, desideroso di dare agli altri i sommi beni: il cielo e la poesia; zelo quasi infinito per le anime e amore di Dio, che quale fulgidissimo sole precede in lui le altre virtù: e tutte queste doti la sovrabbondanza della grazia divina sublimò e accrebbe: ecco le linee principali che, con altre simili, tracciano la sublime figura del Sales.

Molteplice zelo pastorale

Con queste doti di natura e di grazia si consacrò tutto alla Chiesa, e con molteplici cure rese fruttuoso il campo che gli era stato affidato. Esercitò il suo ministero pastorale anche in mezzo ai pericoli e alle insidie, scrisse libri pieni di sapienza, restaurò la sacra eloquenza e la profuse a guisa di largo fiume, riportò molti monasteri dalla scaduta disciplina al pieno vigore dell'osservanza religiosa e, insieme con santa Giovanna Francesca di Chantal, a lo unita da vincolo di spirituale soprannaturale amicizia, fondò l'istituto della Visitazione della Beata Vergine Maria. Questo Istituto, la cura e la gloria sua più illustre, con la grazia divina ebbe tanto splendida fioritura da potersi contare, quando egli passò da pesta vita, un ingente numero di monasteri di suore di quella denominazione.

Dispiegò tutto il suo zelo nel coltivare e fomentare dovunque la santità, giudicando così di aiutare nel miglior modo la Chiesa nel suo secolo contaminato dalla corruzione. Lasciò quindi ai posteri un esempio e una testimonianza, nei quali potessero continuamente rispecchiarsi.

Ma non meno illustri della santità della sua vita sono gli insegnamenti che egli ci ha lasciato, così adatti alle necessità del nostro tempo. Eccone alcuni principali, che sono come il cardine di ritolti altri.

La Chiesa, nel corso dei tempi, non può risplendere nella sua santità, senza l'ornamento di santi sacerdoti. E il sacerdote, più di qualunque cristiano, è un altro Cristo; la sua santità irradia da Cristo, sacerdote eterno e perfezionatore della fede, diventando così segno vivente della grazia di Cristo. La sincera devozione alla Vergine Madre di Dio diviene necessaria ad ogni fedele, ma soprattutto al sacerdote, poiché essa, oltre gli altri singolari benefici, è il modello del nostro amore a Dio, a Cristo e alla Chiesa; essa, che è la più dolce fra tutte, la Madre della grazia, l'esempio di ogni virtù, presenta nitidissimo l'ideale della perfezione evangelica.

Primato della carità
E nel coro delle virtù il primato spetta alla carità, non solo perché è la più importante, ma anche perché dà efficacia e armonia alle altre, giacché la virtù è l'ordine dell'amore. Per legge del Creatore, nell'uomo l'anima presiede al corpo, e tra le facoltà dell'anima eccelle la volontà che ha per suo re ed artefice l'amore. Con la carità dunque, quando risplende ed è ardente e operosa, tocchiamo l'apice della perfezione evangelica, ci uniamo intimamente con Dio, sommo bene e fonte di beatitudine, e, siccome Dio è carità, diventiamo simili a Dio per la partecipazione della sua natura. Con il Corpo di Cristo, cioè la Chiesa in cielo e in terra, noi siamo compaginati dalla carità, e siamo tenuti uniti da questo vincolo comune. Il famoso Trattato dell'amore di Dio è giustamente compendiato da questa celebre definizione della carità: «La carità è un amore di amicizia, una amicizia di dilezione, una dilezione di preferenza, ma di preferenza incomparabile, somma e soprannaturale, che è come un sole in tutta l'anima per abbellirla dei suoi raggi, in tutte le facoltà spirituali per perfezionarle, in tutte le potenze per governarle. Ma la carità risiede nella volontà, come sua sede, per abitarvi e farle preferire e amare Dio sopra tutte le cose. Beata l'anima nella quale è diffusa questa santa dilezione, perché con essa le vengono tutti i beni» (ST. FRANÇOIS DE SALES, Œuvres (édition complète), t. IV (Annecy, 1984), p. 165: Traité de l'amour de Dieu, livre II, chap. 22).

Il nuovo fiorisce sull'antico
Pare qui opportuno spiegare brevemente perché san Francesco di Sales sia un Dottore moderno e tanto adatto al tempo presente. Lo si deve chiamare Dottore originale e moderno, non perché rompe i legami di continuità con i più antichi, che anzi la sua dottrina è radicalmente aderente alla fede della Chiesa, alla sacra Tradizione, alla dottrina dei santi Padri; nel campo poi ascetico e mistico prende non poco specialmente da sant'Ignazio di Loyola, dal beato Giovanni d'Avita, da Luigi di Granata, da santa Teresa d'Avita, da san Giovanni della Croce - da questi indirettamente - e dalla scuola dei maestri italiani di ascetica.

Egli cerca però di porre l'antica dottrina sotto una nuova luce, di metterla sapientemente al servizio della vita moderna, opportunamente adattandola alle sue molteplici necessità. Non v'è dubbio che si serve anche dell'ausilio dell'arte, per giungere dalla verità al bene per una via rivestita dei fiori della pura bellezza. Egli infatti era stato formato alla scuola di Giovanni Maldonado a Parigi, e a quella di Antonio Possevino a Padova, e aveva acquisito una profonda cultura letteraria.

Sopraumanesimo cristocentrico

Egli quindi sa congiungere l'umanesimo con la ricerca e l'ascesa mistica, e sviluppare in sé e nei discepoli un graduale armonico affinamento di tutte le facoltà umane ( «Je suís tant homme que rien plus»: Œuvres, t. XIII (Lyon, 1904), p. 330; lettre du 2 novembre 1607 à la Baronne de Chantal; cfŒuvres, t. XX (Lyon, 1918), p. 216: «Il n'y a point d'âme au monde, comme je pense, qui chérissent plus cordialment, tendrement et, pour le dire tout à la bonne foi, plus amoureusement que moi; car il a plu à Dieu de faire mon cœur ainsi... je suís le plus affectif du monde».). Non si vuol dire con questo che il culto del bello sbocci spontaneamente nel fiore della mistica, ma che l'amore di Dio, scendendo dall'alto, non distrugge le facoltà naturali, anzi le eleva, le ordina e armonizza tra loro, ed esprime al vivo ogni forma di bellezza e tutta la perfezione della natura umana.

Perciò il suo, più che «umanesimo devoto», si deve chiamare «sopraumanesimo cristocentrico», accostandosi esso sotto ogni aspetto alla santità integrale che si addice all'uomo. E poiché si è venuti a parlare di santità, è qui opportuno toccare brevemente e correggere l'opinione di quanti ritengono che la vera santità, quale la propone la Chiesa cattolica, non riguarda né obbliga tutti i cristiani, ma solo qualcuno, sia singolarmente preso, sia associato ad altri per mezzo dei voti religiosi.

Questo vecchio errore ricompare in astrusi e aperti cavilli di certuni, i quali, sconcertati e sconcertatori, falsamente distinguono la perfezione cristiana della perfezione evangelica, e frappongono assurde distanze tra gli atti di carità dei monaci, dei sacerdoti, dei laici, oppure distorcono a false interpretazioni i decreti del recente Concilio Ecumenico, dove è chiaramente sancito e vivamente auspicato che anche tutti i fedeli e ogni classe di laici devono tendere con cuore indiviso alla santità della vita (Cf CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, cap. V, n. 40: AAS 57, 1965, pp. 44-45; DecretoApostolicam actuositatem, cap. I, n. 4: AAS 58, 1966, pp. 840-842; Cost. pastorale Gaudium et spes, parte II, cap. I, n.48: AAS 58, 1966, pp. 1067-1069), poiché la grazia divina ne offre loro la possibilità.
Vocazione universale alla santità

Queste varie forme di santità sono proposte dal santo Vescovo di Ginevra con il nome significativo di devozione. «L'amore di Dio, quando fa che ci eleviamo a Lui con frequenza, prontezza e slancio, si chiama devozione» (Œuvres, t. III (Annecy, 1893), p. 15: Introduction à la vie dévote, partie I chap. 1).
E san Francesco di Sales insistentemente esorta e sospinge tutte le persone, pur diverse tra loro per sesso, censo e condizione, per ché, infiammate da santi desideri, sentano e vivano questa devozione.
La santità non è prerogativa dell'uno o dell'altro ceto; ma a tutti i cristiani è rivolto il pressante invito: «Amico, sali più in alto» (Lc 14,10); tutti sono vincolati dall'obbligo di salire il monte di Dio, anche se non tutti per la stessa via. «La devozione dev'essere esercitata in modo diverso dal gentiluomo, dall'artigiano, dal cameriere, dal principe, dalla vedova, dalla giovane, dalla sposa. Ancor più, la pratica della devozione deve essere adattata alle forze, agli affari e ai doveri di ognuno. Dimmi, Filotea, sarebbe conveniente che il Vescovo volesse vivere solitario come un Certosino? E se i mariti non volessero mettere a parte più denaro di quel che fanno i Cappuccini, se l'artigiano stesse tutto il giorno in chiesa come il religioso, e il religioso si esponesse ogni giorno ad ogni sorta di incontri per il servizio del prossimo, come un Vescovo, questa devozione non sarebbe ridicola, sregolata e insopportabile?... No, Filotea, la devozione, quando è vera, non guasta nulla, anzi perfeziona tutto; quando invece si rende contraria ai legittimi impegni di ciascuno, essa è certamente falsa» (Œuvres t. III. (Annecy, 1893), pp. 19-20: Introduction à la vie dévote, partie I, chap. 3).

A questo proposito gioverà richiamare un'altra sua bellissima sentenza, con cui egli interpreta allegoricamente il comando che Dio diede alla terra di germogliare verzura che facesse il seme, ed alberi fruttiferi che producessero il frutto della loro specie (Gn 1,11). «Non vediamo noi per esperienza che le piante e i frutti non hanno la loro giusta crescenza e maturità, se non quando producono i grani e i semi, che servano alla produzione di erbe e di alberi della stessa specie? Così le nostre virtù non hanno la loro giusta misura e sufficienza, fino a che non producono in noi desideri di progresso, i quali, come semente spirituale, servano a produrre nuovi gradi di virtù. E mi sembra che la terra del nostro cuore abbia ricevuto l'ordine di far germogliare le erbe delle virtù, che portino i frutti delle opere sante, ognuna secondo la sua specie; ogni cosa ha l'ordine di produrre desideri e propositi di accrescimento, di progresso quotidiano nella perfezione. La virtù che non ha il grano e il seme di questi desideri, non è affatto sufficiente e matura» (Œuvres, t. V (Annecy, 1894), p. 82: Traité de l'amour de Dieu. lib. VIII, chap. 8).
Metodo di ecumenismo
Nel Decreto conciliare sull'Ecumenismo è stabilito: «Bisogna assolutamente esporre con chiarezza tutta intera la dottrina. Niente è più alieno dall'ecumenismo, quanto quel falso irenismo, dal quale viene a soffrirne la purezza della dottrina cattolica e ne viene oscurato il senso genuino e preciso... Inoltre nel dialogo ecumenico i teologi cattolici, restando fedeli alla dottrina della Chiesa, nell'investigare con i fratelli separati i divini misteri devono procedere con amore della verità, con carità e umiltà» (CONC. VAT. П, Decreto sull'ecumenismo Unitatis redintegratio, cap. II, n. 11: AAS 57, 1965, p. 99). Nel trattare con gli eterodossi, san Francesco di Sales prevenne di secoli i nostri tempi e le nostre abitudini; il suo metodo tiene una via luminosa, che dev'essere anche oggi imitata. Si trova in lui somma integrità di vita, somma dolcezza e benignità. Non è mai violento nelle dispute, ama gli erranti mentre corregge gli errori; e se le sue posizioni ano diverse, egli non usa mai l'opposizione polemica, e avvicina la lucerna alla lucerna; tenace nell'amare, nel pregare e nell'illuminare, sa pazientare a lungo, sa ricondurre gradatamente gli erranti alla pienezza della verità, dalla quale non è lecito ad alcuno di allontanarsi, e che nessuno ha il permesso di diminuire. E quali i suoi frutti? Per opera sua, nella sola provincia di Châlons-sur-Saône settantadue mila uomini ritornarono all'unione con la Sede Apostolica.

Modello degli scrittori cattolici

Non meno che nel discutere, ebbe singolare disposizione allo scrivere. Quanta abbondanza di dottrina nei libri da lui composti, quanta chiarezza di pensiero, quanta nativa grazia ed aurea eleganza! L'argomento si svolge armonico: la lettura è sommamente piacevole, istruttiva, stimolante.

Quando scrive, come quando predicava al popolo, i suoi lettori, come una volta i suoi uditori, hanno un solo timore: che egli abbia a finire troppo presto. La sua parola possiede la dote più eccelsa dell'arte, la costante vivacità che Pindaro ha così splendidamente espresso: «Se uno si esprime in modo esimio, le sue parole hanno una risonanza immortale: varcano terre feracissime e il mare; e la luce delle insigni gesta è raggio che mai si estinguerà» (PINDARO, Isth., Od. IV, vv. 45-47).

Dato agli scrittori e giornalisti cattolici quale efficace Patrono celeste, li richiami con l'esempio, li diriga con l'autorità, affinché, non mai fallaci a motivo di lucro né ingannati da pregiudizi, ma imbevuti dello spirito di Cristo e onesti cultori della verità, compiano il loro dovere per il bene comune, e possano rendersi benemeriti della fede cattolica, della quale sono servitori. Così facendo ottempereranno lodevolmente al Decreto sui mezzi di comunicazione sociale (cap. 14) del Concilio Ecumenico Vaticano II, e non tradiranno dolorosamente la speranza e l'attesa in loro riposta.

Ecclesiologia Alla genuina immagine del santo Vescovo di Ginevra mancherebbe ora un tratto importantissimo, se si passasse sotto silenzio la sua eccellente e ricca dottrina sul mistero della Chiesa, sulla sua ampiezza, natura e autorità. Quanto amorosa fu la sua riverenza - dote comune del resto a tutti i Santi - e quanto il suo costante e amabile zelo fu pieno di rispetto verso la Chiesa, madre e maestra, dove sulla cattedra dell'unità è riposta la dottrina della verità!

Quali siano i fondamenti della Chiesa, e dove siano riposti, egli lo dichiarò con tanta sicurezza da poter servire non poco alla chiara interpretazione della Costituzione dogmatica Lumen gentium del Concilio Ecumenico. Tralasciando altri passi, riportiamo questo: «Nostro Signore è fondamento e fondatore, fondamento senz'altro fondamento, fondamento della Chiesa naturale, mosaica ed evangelica, fondamento perpetuo e immortale, fondamento della Chiesa militante e trionfante, fondamento di se stesso, fondamento della nostra fede, speranza e carità, e del valore dei Sacramenti. San Pietro è fondamento e non fondatore di tutta la Chiesa, fondamento, ma fondato su un altro fondamento che è nostro Signore, fondamento della sola Chiesa evangelica, fondamento soggetto a successione, fondamento della Chiesa militante, non di quella trionfante, fondamento per partecipazione, fondamento di servizio, non di dominio, e in nessun modo fondamento della nostra fede, speranza e carità, né del valore dei sacramenti...

I fondamenti della Chiesa tuttavia, nell'autorità e nel governo san Pietro ha sorpassato tutti gli altri di tanto quanto il capo supera le membra; poiché egli è stato costituito pastore ordinario e capo supremo della Chiesa, gli altri sono stati pastori inviati e designati in altre parti della Chiesa, con potere e autorità su tutta la Chiesa, altrettanto piena che in san Pietro, senonché san Pietro era loro comune capo, e loro pastore come di tutta la cristianità.

Così essi furono fondamento della Chiesa con lui e al pari di lui, quanto alla conversione delle anime e per dottrina; ma quanto all'autorità e al governo, essi lo furono in modo disuguale, perché san Pietro era il capo ordinario non solo delle altre parti di tutta la Chiesa, ma anche degli Apostoli. Infatti, nostro Signore aveva edificato su di lui tutta la sua Chiesa, della quale essi erano non solo parti, ma le parti principali e più nobili» (Œuvres, t. I (Annency, 1892), pp. 237-238 e 239: Controverses, pars II, cap. VI, art. 2).
Abramo e san Pietro

È anche molto opportuno che con intelligente giudizio e profonda riflessione si mediti la similitudine che il Sales suggerisce tra Abramo e san Pietro. L'uno e l'altro sono pietra, padre dei credenti, padre di molte genti, cioè di una discendenza, promessa - in premio della fede in Cristo - all'uno come arena del mare e moltitudine di stelle rutilanti in cielo, all'altro come immenso gregge di pecore e di agnelli. «Poiché, se Abramo fu così chiamato per il fatto di dover essere padre di molti popoli, san Pietro ha ricevuto questo nome perché su di lui come su solida pietra, doveva essere fondata la moltitudine dei cristiani. Per questa rassomiglianza san Bernardo chiama la dignità di san Pietro: Patriarcato di Abramo» (Cf ibid. p. 230; SAN BERNARDO DI CHIARAVALLE, De consideratione, lib. II, cap. 8, n. 15: PL 182, 751).

Con queste profonde aspirazioni, con questi propositi di vita, con questa piena affermazione di integra fede cattolica, impreziosite quanto meglio potete le celebrazioni del quarto Centenario della nascita di san Francesco di Sales. Nel mutuo legame della comunione dei Santi, il grande Dottore, sorgente di luce per la santa Chiesa, risponderà al nostro ossequio con l'aiuto dei suoi meriti e della sua potente e pietosa preghiera presso Dio.
Preghiera finale 

Questa sapientissima guida delle anime vi impetri la dolce mansuetudine del divino Redentore, il quale ci ha insegnato ad essere miti e umili di cuore, e come tali, a possedere la terra.

Il Dottore della direzione spirituale introduca in folta schiera i suoi discepoli nelle deliziose e sante vie, che egli ha tracciato con norme adatte; susciti una fiamma più ardente di carità, riaccenda negli uomini il desiderio della salute eterna, insegnando ai suoi devoti ad amare non a parole ma con le opere, sinceramente (Cf 1 Gv 3,18), sostenga i Vescovi nel fedele compimento del loro dovere, lui che ne è l'onore e il modello; con premurosa cura assista l'Istituto delle suore della Visitazione da lui fondato, custodisca benigno la famiglia Salesiana di san Giovanni Bosco, e le altre che da lui hanno preso il metodo, i principi e la forma di vita spirituale; agli scrittori e giornalisti cattolici inculchi e ottenga che si accostino il più possibile alla verità con pura coscienza e lealtà incensurabile; con la sua potente preghiera sia propizio ad Annecy e alla Savoia, sua dolce terra natale, perché abbia a rifiorire e s'ingemmi dell'antica pietà, a Ginevra, sede della sua dignità episcopale, alla Svizzera e al Piemonte ottenga un accrescimento di luce e di pace evangelica; e infine, a quanti in suo onore celebreranno queste feste centenarie, conceda che cresca in essi, secondo il suo insegnamento, «l'albero del desiderio della santità» («L'arbre du désir de sainteté»: Œuvres, t. XXII (Annency 1902), p. 264: lettre du 3 mai 1604 à la Baronne de Chantal); impetri a tutti l'abbondanza dei migliori doni celesti.

Con il vivo desiderio che san Francesco di Sales, con la sua caratteristica benignità, assista Noi pure nell'adempire con rettitudine, fortezza, soavità il Nostro ministero in mezzo a tante difficoltà e novità impreviste, a voi, diletti Figli Nostri e Venerabili Fratelli, al clero e al popolo affidato alle vostre cure, di cuore impartiamo l'Apostolica Benedizione, auspice e pegno di grazia copiosa e di celeste dolcezza.
Dato a Roma presso san Pietro, il 29 gennaio 1967, quarto anno del Nostro Pontificato.
PAOLO PP. VI
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교황 바오로 6세 성하의, [聖 프란치스꼬 살레시오 주교 탄생 400 주년(1567~1967) 기념 칙서].
<1967년 1월 29일 발표> SABAUDIAE GEMMA.
PAULUS PP. VI
EPISTULA APOSTOLICA
SABAUDIAE GEMMA*

AD EMOS PP. DD. SANCTAE ROMANAE ECCLESIAE CARDINALES: ACHILLEM LIÉNART, EPISCOPUM INSULENSEM; MAURITIUM FELTIN, OLIM ARCHIEPISCOPUM PARISIENSEM; PAULUM MARIAM A. RIEHAUD, ARCHIEPISCOPUM BURDIGALENSEM; IOSEPHUM LEFEBVRE, ARCHIEPISCOPUM BITURICENSEM; IOSEPHUM MARIAM MARTIN, ARCHIEPISCOPUM ROTHOMAGENSEM; IOANNEM VILLOT, ARCHIEPISCOPUM LUGDUNENSEM; CAROLUM JOURNET; AD EXE.MOS PP. DD.: MICHAËLEM PELLEGRINO, ARCHIEPISCOPUM TAURINENSEM; ANDREAM BONTEMS, ARCHIEPISCOPUM CHAMBERIENSEM; FRANCISCUM CHARRIÈRE, EPISCOPUM LAUSANNENSEM, GENEVENSEM ET FRIBURGENSEM; IOANNEM SAUVAGE, EPISCOPUM ANNECIENSEM; ATQUE AD CETEROS GALLIAE, HELVETIAE ET PEDEMONTANAE REGIONIS ARCHIEPISCOPOS, EPISCOPOS ORDINARIOSQUE LOCORUM: QUARTO EXEUNTE SAECULO AB ORTU S. FRANCISCI SALESII, ECCLESIAE DOCTORIS.
 
Dilecti filii nostri ac venerabiles fratres, salutem et apostolicam benedictionem

Sabaudiae gemma et Helvetiae, S. Franciscus Salesius Annecio montibus, lacu, rure nobili, monumentis sacrae et civilis historiae nobiliori, maximo decori atque ornamento reputatur, ideo quod in eius vicinia oppidulum Thorens natalibus ipsius clarum exstitit. Cuius ab ortu cum hoc anno quartum condatur saeculum, digno cui plane faveatur consilio, ibi statutum est, ut festis coetibus ac multigenis inceptionibus eius memoriae publici honoris obsequium tribuatur.

Tempestivum nuntium his de agendis sollemnibus venerabilis Frater Ioannes Sauvage, Anneciensis Episcopus, Nobis proferendum curavit, id Nos quoque certiores faciens, se pro magnitudine viri et eventus claritate prorsus velie alios quam plurimos per Galliae fines et aliunde arcessere, ut in societatem istius commemorationis et laetitiae venirent.

Cuncta, quae in sollertis sacri Pastoris deliberationem ceciderunt, laudamus, miramur, probamus. Quin etiam in imitationem traducti fel. rec. Pii XI Decessoris Nostri, qui tertium plenum saeculum ab obitu S. Francisci Salesii Encyclicis editis Litteris a verbis Rerum omnium incipientibus honestavit, Nos quoque hanc Epistulam vobis, Dilecti Filii Nostri et Venerabiles Fratres, mittere volumus, per quam cunctis manifesto pateat, Nos, ex sententia eiusdem Anneciensis Praesulis, celebrandis sacris sollemnibus propensa voluntate interesse, atque his iam nunc prosperrimum exitum percupere. Libentissimo sane animo id facimus, hac etiam de causa, quod praeclarum Genavensem Episcopum usque a prima aetate et provectis armis maiore gliscente religionis cultu prosequimur; atque adeo pergratum est Nobis nominis eius amplitudini consulere.

Quocirca enixe vos adhortamur, ut, fausta oblata occasione, Doctorem divini amoris et evangelicae lenitatis scite, considerate, pie honoretis. Quod quidem haud sine fructus multiplici proventu eventurum esse praesaga futurorum auspicia Nostra portendunt.

Enimvero in vestris regionibus sanctissimus Doctor Ecclesiae semper lucerna fuit ardens et lucens (Cf Io5, 35), nitidiores istic caelestis sui luminis radios circumtulit, et nunc quoque uberiorem in dies de se tractandi materiem suppeditat. Contingit id fortasse, quod is apprime vester fuit: nam praeter Sabaudiam, ubi quam maxime, Lutetiae Parisiorum, Lugduni, in Burgundia, Genavae in Helvetia, Augustae Taurinorum, pressa sui vestigia reliquit, et, potiore modo, quia ob congenerem quandam necessitudinem cum inclitis istis Nationibus, in christianae vitae sensum et rationem etiam eorum, qui insigni virtute eminuerunt, efficientiam explicavit, cum paucis, fortasse cum nullo sui et posterioris aevi, comparandam. Profecto specimine virtutum, consiliorum prudentia, asceseos disciplina magister cleri in Gallia magnam vim habuit, cur ibi verus et merus sacerdotalis spiritus refloreret, plurimum valuit apud S. Vincentium a Paulo, ut conderet Congregationes Presbyterorum a Missione et Puellarum a Caritate, Petro de Bérulle, S. Ioanni Eudes et Ioanni Olier, tribus eiusdem cleri institutoribus, magnifica auctoritate et paene divini aestu ingenii profuit, eosque praecessit.

Nimirum apud gentes vestras residet in illo praestabile magisterium; multa eius est dignitas; rei spiritualis existimatio et iudicium, conformatio quoque morum salesiana gratia passim nitide asperguntur.

Nunc autem temporis recursu eius memoria veluti sidus advectum, dum contemplationis ad se convertit obtutum, nonne liberale donum lucis, caloris, sapientiae, suavitatis profundet? Ita sane: et necessitatibus praesentis aetatis non uno nomine erit accommodum.

Ex superiorum temporum rebus gestis identidem legendis hoc liquido constat, Oecumenicas Synodos tum pari spei exitu cessisse, cum earum in decursu, vel postquam eae celebratae sunt, ecclesiastici viri plane sancti, et valde spectatae virtutis sacri pastores in id incubuerunt, ut, facti ipsi quasi quaedam lex viva et expressa, scita et decreta Conciliorum ad effectum deducerent.

Tales sanctimonia illustres ut in lucem et pulverem prodeant, secreta vota optimi cuiusque in huiusmodi exspectatione suspirant. Est fortasse, ut ex vobis dilucidi luminis se ostendat aurora.

Quidquid est, animum erigere oportet: habemus magistrum, auctorem, doctorem, qui vos et vobiscum bene multos aequum ac vestrum dignitatis officium gerentes iuvet, praecedat, ac praeeundo ad integra, pura, salubria perficienda ducat.

Non dubitamus, quin veritas scitu iucunda, ad liquidum explorata om
nes convincat. Nullus magis quam Salesius ex recentibus Ecclesiae Doctoribus alto sagacis mentis contuitu Concilii deliberata et constituta antevenit. Proderit is exemplo vitae, sincerae sanaeque doctrinae copia, spiritualibus viis ad christianam perfectionem uniuscuiusque status et condicionis a se apertis et munitis. Tria nempe haec proponuntur, videlicet imitanda, amplectenda, sequenda. Quodsi S. Francisci Salesii virtutum indoles et forma consideratur, haesitat descriptionis conatus, cum qualis sit earum natura et vis praecipua ilico absolute et perfecte non appareat. Differt stella a stella, gemma a gemma, arbor ab arbore, et sua specie cuncta pulchra distinguuntur.

Pulchritudo autem tunc maxime perspicua et eximia est, ubi ex multarum pulchritudinum consona varietate summatim colligitur. Ita in opulento horto pulchritudine nitent herbae, arbores, flores, florum flagrantia et colores; at formosiorem species se praebet, si proportio et apta dispositio aliam super aliam aequissime cumulant pulchritudinem, atque adeo ex toto magis emergit singularum venustas et amabilis gratia. Id genus virtutum accessio et summa in Salesio delectat et admirationem movet.

Quare sponte in mentem venit, ipsi accommodandum, id quod de S. Athanasio S. Gregorius Nazianzenus oratione ardore plena praedicavit: «Athanasium laudaras, virtutem laudabo. Idem enim est illum dicere, quod virtutem laudibus efferre, quoniam virtutes omnes in unum collectas tenebat, vel, ut verius loquar, tenet. Deo quippe vivunt omnes, qui secundum Deum vixerunt, etiamsi ex hac vita migrarint» (Oratio XXI, in laudem magni Athanasii episcopi Alexandrini, 1: PG 35, 1082-1083).

Acuta perspicientia mentis, ratio solida et lucida, penetrans iudicium, paene incredibilis benevolentia et bonitas, dulce ridens suavitas eloquii et oris, semper operosi spiritus quietus ardor, rara simplicitas morum non sine generis sui modesta gloriatione, patis serena tranquillitas, moderatio semper illabefacta et secura, haud disiuncta tamen a fortitudine - de forti egreditur dulcedo - qua consuevit tenere diligere, at etiam firmo pede consistere et assequi ea quae vult, sublimis mentis elatio ac pulchritudinis studium, cupiens aliis praebere potissima bona, caelum et poësim, paene immensus amor animarum et amor Dei, qui splendidissimus velut sol in ipso ceteris antestat virtutibus, quae denique omnia supernae gratiae exundantia sublimavit et auxit: haec et similia sunt delineamenta, quibus adumbratur eminens Salesii effigies.

Tot praeditus naturae et caelestis gratiae dotibus, totum se dedit Ecclesiae et multimodis curis commissum sibi exercendum agrum fructuosum ferit, pastoralis ministerii etiam inter pericula et insidias exanclato labore, locupletissimis conscriptis voluminibus, sacrae eloquentiae restauratione et profuso flumine, plurimis coenobiis a temerata disciplina ad integritatem religiosae observantiae redditis, et una cum S. Ioanna Francisca de Chantal, quacum spiritualis et supernaturalis amicitiae nexu devinciebatur, Instituto a Visitatione Beatissimae Virginis Mariae condito. Hoc Institutum, illustris eius cura et gloria, rorante divina gratia, tantis increbruit et floruit incrementis, ut ingenti numero recenserentur monasteria sacrarum virginum huiusmodi nomine nuncupatarum, cum ipse a terrestri exilio ad caelestia evolavit.
Quoniam autem ad sanctitatem colendam et disseminandam omnem diligentiam adhibuit, hoc conatu censuit se posse validissime Ecclesiam iuvare saeculo suo corruptelis vitiato. Ex quo secutum est, ut relinqueret post futuris exemplum, quod sibi documento esset, atque in id veluti in speculum intuerentur adsidue.

At non minus illustria quam vitae eius consuetudines et mores, necessitatibus nostrae aetatis congruentia eius sunt praecepta. Quorum haec sunt nonnulla capita, non minoris momenti, ubi aliorum multorum cardo versatur.

Ecclesia nequit esse, si temporum ordines spectantur, perspicue sancta, nisi sanctis sacerdotibus exornata sit. Sacerdos autem, magis quam christianus quilibet, alter Christus est; eiusque sanctitas radiat a Christo, pontifice aeterno et consummatore fidei, atque adeo is fit signum vivum Christi gratiae. Pietas et religio in Deiparam Virginem Mariam, cum cuilibet fideli, tum maxime sacerdoti necessaria evadit, propterea quod ea, praeter alias praecelsas dotes, se praestat archetypum amoris nostri erga Deum et Christum et Ecclesiam, itemque edit nitidissimam evangelicae perfectionis formam, Virgo singularis inter omnes mitis, Mater gratiae, omnium exemplar virtutum.

In concentu autem virtutum obtinet caritas principatum, non tantum quia loco praecipua est, sed etiam quia ceterarum est efficientia et modulatio, cum virtus sit ordo amoris. Dei conditoris lege in homine praeest animus corpori, et inter animi facultates excellit voluntas, cui amor est rex et artifex. Hac igitur caritate, ubi collucet et fervida est et actuosa, evangelicae perfectionis apicem attingimus et cum Deo, summo bono et beatitatis fonte, maxime coniungimur et, quoniam Deus caritas est, deiformes efficimur, similitudine divinae naturae consortes. Cum Christi corpore, Ecclesia scilicet in caelis et in terris, cuius gluten caritas est, fraterna compage et communione conectimur et coagmentamur. Tractatus ille de amore Dei iure merito hac celebrata caritatis definitione comprehenditur. «Est caritas amor amicitiae; haec amicitia dilectio est; haec dilectio prorsus anteponenda est, principatu incomparabili, regali, supernaturali: haec vero est velut sol totius animae, ut radiis eam exornet, in cunctis spiritualibus facultatibus, ut eas perficiat, in cunctis virtutibus, ut eas gubernet. At vero caritas in voluntate insidet, ut ibi inhabitet et reddat eandem anteferentem et amantem Deum in universis rebus. O beata anima, in quam sancta dilectio effusa est, quia omnia bona pariter veniunt cum illa» (St. FRANÇOIS DE SALES,Œuvres (édition complète), t. IV (Annecy, 1894), p. 165: Traité de l'amour de Dieu, livre II, chap. 22).
Paulisper nunc explicandae esse videntur rationes, cur Sanctus Franciscus Salesius spiritualis vitae Doctor novus et hodiernae aetati congruentissimus exstiterit. Novus recensque ipse dicendus est, non quia cum superioribus aevis abrumpat necessitudines et vincula: immo doctrina eius plenitudini Ecclesiae fidei, ecclesiasticae Traditioni, Ecclesiae Sanctis Patribus funditus inhaeret; et in ascetica et mystica re praesertim S. Ignatio a Loyola, B. Ioanni de Abula, Aloisio de Granata, S. Teresiae de Abula, S. Ioanni a Cruce — huic oblique — et Italorum magistrorum scholae haud parum acceptum refert.

Verumtamen studet is vetera novo in lumine collocare; contendit eadem sapienter usui et utilitati novae aetatis aptare, et luculentae convenientiae consentanea coniunctione componere. Profecto magisterio quoque pulchritudinis utitur, cum a vero ad bonum per floribus purae venustatis vestitum tramitem procedat: nam apud Ioannis Maldonati ephebeum Lutetiae Parisiorum et Patavii apud Antonium Possevinum bonis artibus imbutus fuit, et interiores exquisitasque litteras percoluit.

Ex quo fit, ut is iungat humanitatis cultum cum mystico ascensu et studio, atque adeo provehat et amplificet in se et in alumnis suis omnium hominis facultatum («Je suis tant homme que rien plus»:Œuvres, t. XIII (Lyon, 1904), p. 330; lettre du 2 novembre 1607 à la Baronne de Chantal; cf Œuvres, t. XX (Lyon, 1918), p. 216: «Il n'y a point d'âme au inonde, comme je pense, qui chérissent plus cordialement, tendrement et, pour le dire tout à la bonne foi, plus amoureusement que moi; car il a plu à Dieu de faire mon cœur ainsi ... je suis le plus affectif du monde».) consonum et numerosum progressum: hoc autem pacto, ut ne dicatur ipse humanitatis cultus sponte sua in mysticum florem extrudi, sed ut amor Dei, desursum descendens, naturae vires non destruens, eas sublime ferat, mutuo et concinne ordinet, et exprimat omnem pulchritudinis formant et humanae naturae perfectionem.

Quare hic dicendus potius quam, ut aiunt, humanismus devotus, superhumanismus christocentricus, accedens undelibet ad cunctam, quae homini convenit, sanctitatem. Cum autem in contextum verborum argumentum sanctitatis inciderit, expedit pro temporis loco cursim attingere et profligare opinionem eorum qui tenent veri nominis sanctitatem, quam catholica proponit Ecclesia, non ad universos qui christiana religione censentur pertinere, sed paucis tantum sive singulis, sive religionis votis et professione sociatis praecipi et congruere.

Vetus hic error repullulat abstrusis et apertis fallaciis nonnullorum qui, turbati et turbatores, perperam distinguunt perfectionem christianam a perfectione evangelica et inter actus caritatis monachorum, sacerdotum, laicorum intervalla interpungunt absurda, vel in falsas interpretationes intorquent decreta recens celebratae generalis Synodi, ubi plane sancitum sat et valide optatum, ut ad vitae sanctitatem coetus fideles e laicorum quoque ordine niti toto corde debeant, cum ex supernae gratiae munere ad id valeant (Cf CONC. VAT. II: Const. dogm. de Ecclesia Lumen gentium, cap. V. n. 40: AAS 57 (1965), pp. 44-45; Decretum Apostolicam actuositatem, cap. I, n. 4: AAS 58 (1966), pp. 840-842; Constitutio pastoralesGaudium et spes, pars II, cap. I, n. 48: AAS 58 (1966), pp. 1067-1069).

Haec sanctitatis multigena ratio, devotionis significatione et vi a S. Genavensi Episcopo proponitur. «Amor Dei cum efficit, ut erigamur ad Deum frequenter, accurate, convenienter, nuncupatur devotio» (Lc 14,10).

Ad hanc colendam et fructuose assequendam, homines sexu, aetate, sensu, condicione inter se differentes, desiderii sancti emicante flamma, Salesius magnopere omnes exhortatur et exstimulat.
Sanctimonia non unius vel alius coetus praerogativa est, sed omnibus christiano nomine decoratis praeceptiva admovetur invitatio: «Amice, ascende superlus» (Œuvres, t. III (Annecy, 1893), p. 15:Introduction à la vie dévote, partie I, chap.1): omnes lege tenentur scandendi montem Domini, non uno eodemque tamen itinere. «Devotio dissimili modo coleada est ab homine nobili, ab operario, a famulo cubiculario, a principe, a vidua, a nubili, ab uxore. Quin etiam accommodanda est devotionis res et usus uniuscuiusque viribus, negotiis, officiis. Philothea, die sodes, numquid deset, ut Episcopus solitarius vivat ut monachus Cartusiensis? Quodsi mariti non plus pecuniae volunt sibi congerere quam sodales franciscales capulati, si opifex toto die in aede sacra moretur religiosorum sodalium ritu et more, si vero religiosi sodales cotidie ut Episcopi omnimode exquirant occursum proximos iuvandi gratia, an non haec censenda est devotio ridenda, deordinata, intolerabilis?... Profecto, Philothea, nihil corrumpit devotio, immo, ubi vera est, perficit omnia: quodsi obsit legitimo muneri a Deo unicuique assegnato, haud dubie falsi damnanda est» (Œuvres, t. III (Annecy, 1893), pp. 19-20: Introduction à la vie dévote; partie I, chap. 3).

De quo argomento placeat mente revolvere ornatissimam aliam eius sententiam. Moraliter ipse interpretatur imperium a Deo tehuri impertitum, ut herbam germinet virentem et facientem semen, et lignum pomiferum faciens fructum iuxta semen sum (Cf Gn 1,11). «Nonne usu rerum videmus herbas et fructus non obtinere aequum incrementum et maturitatem, nisi cum ferant grana et semina, quae inserviant suboli et procreationi herbarum et arborum similis generis? Numquid nostrae virtutes iustam habent mensuram et suppetens robur, nisi eae egignant in nobis progressionis desideria, quae veluti spiritualia semina ad novos gradus virtutum perficiendos perducant? Mihi videtur terra cordis iuberi germinare herbas virtutum, quae ferant fructus sanctorum operum, iuberi unumquodque secundum genus suum producere semina desideriorum et consilia adsidui auctus et progressus. Quodsi virtus non habeat granum et semen talis desiderii, nullo modo dicatur sibi sufficiens et matura» (Œuvres, t. V (Annecy, 1894), p. 82: Traité de l'amour de Dieu, lib. VIII, chap. 8).

In Concilii Decreto de Oecumenismo statutum est: «Integra doctrina lucide exponatur omnino oportet. Nil ab oecumenismo tam alienum est quam ille falsus irenismus, quo puritas doctrinae catholicae detrimentum patitur et eius sensus genuinus et certus obscuratur ... Insuper in dialogo oecumenico theologi catholici, doctrinae Ecclesiae inhaerentes, una cum fratribus seiunctis investigationem peragentes de divinis mysteriis, cum veritatis amore, caritate et humilitate progredi debent» (CONC. VAT. II, Decretum de Oecumenismo Unitatis rediniegratio, cap. II, n. 11: AAS 57 (1965), p. 99). In serendis colloquiis cum heterodoxis Salesius saeculorum aetatibus nostra praevenit tempora et consuetudines; atque eius via et ratio in clarissima luce imitandi moris versatur. Summa in eo sanctitas vitae, summa comitas et benignitas. Numquam pugnax in disputando, diligit errantes, cum emendat errores; diversus, non aversus, appropinquat lucernae lucernam; in amando, orando, collustrando pertinax, scit longas pati moras, scit gradatim ad plenitudinem veritatis, a qua desciscere, quam minuere nulli fas est, devios deducere. Quo fructu et exitu? Solum in Chaballicensibus complura milia hominum ad coniunctionem cum Apostolica Sede eius ope rediere.

Haud minus quam in serendis disputationibus ingenium ad bene scribendum ei praestantissimum fuit. Quanta in libris, ab ipso elucubratis, doctrinae sincera copia, quanta perspicuitas mentis, quanta nativis charitibus aurea venustas! Res ab ipso pertractata in suum numerum procedit: delectat, docet, movet quam maxime.

Cum scribit, quemadmodum cum orationes ad populum habebat, a legentibus aeque ac a suis olim auditoribus unum metuitur, ne citius desinat. Eloquium autem eius possidet illam, quae quidem excellentissima artis dos existit, nempe vivacem sine occasu perennitatem, quam quidem Pindarus splendide expressit: «Nam si quis praeclare aliquid dixerit, hoc incedit resonans immortaliter: perque tellurem valde fructiferam et per mare transit, insignium facinorum radius inextinctus semper» (PINDARUS., Isth. Od. IV. vv. 45-47).

Catholicis scriptoribus et diurnariis caelestis Patronus opifer datus, exemplo moneat eos, auctoritate dirigat, ut numquam lucro fallaces et praeiudicatis opinionibus decepti, sed Christi sensu praediti et veritatis simplices rectique cultores in communem utilitatem munere suo fungantur et de catholico nomine, cui inserviunt, egregie mereantur. Quodsi ita agent, Decreto de instrumentis communicationis socialis (cap. 14) Oecumenici Concilii Vaticani II, praeconio laudis digno obtemperabunt obsequio nec misere fallent in se positam spei plenam exspectationem.

Posthac verae reddendae effigiei sanctissimi Genevensis Episcopi deerit perinsigne lineamentum, si silentio praeteribitur, quam excellens et abundans sit eius doctrina de mysterio Ecclesiae deque huius amplitudine, natura, auctoritate. Erga Ecclesiam matrem et magistram, ubi in cathedra unitatis posita est doctrina veritatis, quam studiosa fuit eius reverentia — ceterum communis Sanctorum laus — et quanti obsequii plenum eius fuit adsiduum et amabile studium!

Quaenam et ubinam sint fundamenta Ecclesiae explanavit is ita dilucide, ut ad Oecumenici Concilii Constitutionem dogmaticam Lumen gentium interpretandam et enucleandam usui haud modico esse videatur. Alibi aliis legendis omissis, haec proponimus: «Dominus noster est fundamentum et fundator, fundamentum sine alio fundamento, fundamentum Ecclesiae naturalis, mosaicae et evangelicae, fundamentum perpetuum et immortale, fundamentum Ecclesiae militantis et triumphantis, fundamentum ex se ipso, fundamentum nostrae fidei, spei, caritatis et sacramentorum virtutis. Sanctus Petrus est fundamentum et non fundator totius Ecclesiae, fundamentum utique at fundatum in alio fundamento quod est Dominus noster, fundamentum solius Ecclesiae evangelicae, fundamentum successionibus obnoxium, fundamentum Ecclesiae militantis, non Ecclesiae triumphantis, fundamentum ex participatione, fundamentum ministerii, ...non dominii, nequaquam fundamentum nostrae fidei, spei, caritatis et sacramentorum virtutis...

«Verumtamen in potestate et in gubernatione Sanctus Petrus praeit ceteros quatenus caput superat membra: nam ipse constitutus est pastor ordinarius et supremum caput Ecclesiae, ceteri missi et assignati plena cum potestate et auctoritate in Ecclesiae reliquas partes eadem ratione ac Sanctus Petrus, praeterquam quod Sanctus Petrus exstat caput omnium et ipsorum pastor, acque ac universae christianorum universitatis.

«Fuerunt itaque ii fundamenta Ecclesiae cum eo aequaliter quod attinet ad conversionem animarum et doctrinam. Attamen, quod spectat potestatem et gubernationem, ipsi fuerunt inaequaliter, quoniam Sanctus Petrus erat caput ordinarium, non tantum ceterarum partium universae Ecclesiae, sed etiam Apostolorum. Etenim Dominus super cum aedificavit universam suam Ecclesiam, cuius ipsi fuerunt non tantum partes, sed praecipuae et conspicuae partes» (Œuvres, t. I (Annecy, 1892), pp. 237-238 et 239:Controverses, pars II, cap. VI, art. 2).

Prorsus dignum est, ut intellegenti iudicio et alta cogitatione ponderetur illa, quam Salesius instituit similitudinem inter Abraham et Sanctum Petrum. Uterque petra, uterque pater credentium, uterque pater multarum gentium, nempe subolis, ob remunerationem fidei in Christum, promissae alteri veluti arenae maris et rutilantium in caelis siderum multitudinis, alteri ovium et agnorum immensi gregis: «Quodsi Abraham ita vocatus est, quia debebat fieri pater complurium populorum, S. Petrus hoc nomen accepit, quia super ipsum quasi supra firmam petram debebat fundari multitudo christianorum: ob quam similitudinem S. Bernardus nuncupat S. Petri dignitatem patriarchatum Abraham» (Cf ibid. p. 230; S. BERNARDUS CLARAEVALLENSIS, De consideratione, lib. II, cap. 8. n. 15: PL 182, 751).

Hisce cogitatis votis, propositis vitae, intemeratae asserenda catholicae fidei plenitudine, quarto exeunte saeculo a Sancti Francisci Salesii ortu instauranda sollemnia omni cum industria exornate. Obsequio vestro, reciprocante communione sanctorum, Doctor optimus, Ecclesiae sanctae lumen respondebit meritorum suorum patrocinio et validae apud Deum misericordis deprecationis auxilio.
Sapientissimus ductor animorum impetret vobis suavitatem mansuetudinis divini Redemptoris, qui nobis praecipit, ut simus mites et humiles corde, et quatenus tales possessuri terras.

Doctor spiritualium viarum, conferto agmine alumnos introducat in semitas pulchras et rectas, quas legibus aptis communivit; exsuscitet flammantiorem caritatis ignem, salutis aeternae comparandae hominibus studium, docens cultores suos diligere non verbo et lingua, sed opere et veritate (Cf 1 Io3,18); sustentet in officio fideliter implendo episcopali ordine auctos, quorum est decus et exemplar; amanti vigilantia circumstet Institutum sacrarum virginum a Visitatione, cuius est conditor, S. Ioannis Bosco Salesianam familiam et ceteras, quae ab eo expetierunt rationes et principia speciemque spiritualis vitae, benigno tueatur obtutu, scriptoribus et diurnariis catholicis id suadeat et impetret, ut conscientia pura et fide bona ad veritatem quam maxime accedant; salutariter precando arrideat Annecio et Sabaudiae, dulci sibi natali solo, ut hoc prisca pietate reflorescat et gemmet, Genevae, sui honoris sedi, et Helvetiae itemque Pedemontanae regioni incrementa Evangelicae lutis et pacos exoret, universis denique, in sui nominis honorem saecularia sollemnia peracturis, hoc conferat, ut ipsis secundum sui magisterii placita succrescat «arbor desiderii sanctitatis» («L'arbre du désir de sainteté»: Œuvres, t. XII (Annecy, 1902), p. 264: lettre du 3 mai 1604 à la Baronne de Chantal), cunctis charismata meliora largiter deposcat.

Multum optantes ut Nobis quoque, tot inter ardua et improvisa, in ministerio Nostro recte, fortiter et suaviter fungendo, more modoque suo, Sanctus Franciscus Salesius opifer adsit, vobis, Dilecti Filii Nostri et Venerabiles Fratres, et clero ac populo moderationi vestrae commisso, Apostolicam Benedictionem, effusae dulcedinis caelestis gratiae auspicem et pignus, peramanter impertimus.
Datum Romae, apud Sanctum Petrum, die XXIX mensis Ianuarii, anno MCMLXVII, Pontificatus
 
Nostri quarto.
PAULUS PP. VI
바오로 6세 성하의 1967년 성인 400주년 교서
* AAS 59 (1967), pp. 113-123

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교황 비오 11세 성하의, [聖 프란치스꼬 살레시오 주교 
서거 300 주년(1622~1922) 기념 칙서].
<1923년 1월 26일 발표> RERUM OMNIUM PERTURBATIONEM.

PIUS PP. XI
LITTERAE ENCYCLICAE
RERUM OMNIUM PERTURBATIONEM*
 
AD PATRIARCHAS, PRIMATES, ARCHIEPISCOPOS, EPISCOPOS, ALIOSQUE LOCORUM ORDINARIOS PACEM ET COMMUNIOVEM CUM APOSTOLICA SEDE HABENTES: DE SANCTO FRANCISCO SALESIO TERTIO PLENO SAECULO AB EIUS OBITU.
VENERABILES FRATRES SALUTEM ET A POSTOLICAM BENEDICTIONEM
 
Rerum omnium perturbationem, quae nunc adest, cum proxime in Encyclicis Litteris consideraremus medendi gratia, vidimus in ipsis hominum animis inhaerere malum, eiusque sanationem tum demum sperari posse si Iesu Christi medica per Ecclesiam sanctam manus invocetur. Etenim haec tanta cohibenda est intemperantia cupiditatum, quae, bellorum litiumque causa princeps, sicut communem vitae consuetudinem, ita nationum commercia perverta; deducendae simul a fluxis caducisque bonis mentes singulorum, atque ad sempiterna et immortalia, quorum incredibilis incuria plerisque incessit, convertendae. Cum autem singuli fere officium sancte servare instituerint, eo ipso melius erit humanae societati. Atqui huc omne spectat cum magisterium tum ministerium Ecclesiae catholicae, ut homínes et traditae divinitus veritatis praedicatione erudiat et uberrimis divinae gratiae effusionibus sanctificet ; atque ita hanc ipsam civilem societatem, quam olim ad christianos spiritus conformavit et finxit, ubi de via deflectentem animadverterit, revocare in pristinum contendat.

Ecclesia vero huiusmodi sanctificationis opus apud universos omnes felicissime persequitur, quoties, Dei beneficio ac munere, ei contingit alios ex aliis egregios filios ad imitandum vulgo proponere, qui in omnium exercitatione virtutum admirabiles exstiterunt. Quod quidem admodum ea facit suae ipsius naturae congruenter, cum a Christo auctore suo sancta constituta sit et sanctitatis effectrix, cumque omnes, qui ea duce magistraque utuntur, ex Dei voluntate ad vitae sanctimoniam niti debeant. Haec est voluntas Dei, ait Paulus (1), sanctificatio vestra; quam quidem cuius generis esse oporteat, Dominus ipse sic declarat: Estote ergo vos perfecti, sicut et pater vester caelestis perfectus est (2). Nec vero quisquam patet ad paucos quosdam lectissimos id pertinere, ceterisque in inferiore quodam virtutis gradu licere consistere. Tenentur enim hac lege, ut patet, omnino omnes, nullo excepto; nec, ceteroquin, quotquot ad christianae perfectionis fastigium pervenerunt, quos quidem paene innumerabiles ex omni aetate atque ordine fuisse testatur historia, iis aut non eadem, quae reliquis, naturae infirmitas obtigit, aut non similia fuerunt pericula obeunda. Scilicet, ut praeclare Augustinus: Non Deus impossibilia inbet, sed iubendo admonet et lacere quod possis, et petere quod non possis (3).

Iamvero, Venerabiles Fratres, quae peracta est superiore anno commemoratio sollemnis de nostris illis heroibus Ignatio Loyoleo, Francisco Xaverio, Philippo Nerio, Theresia a Iesu et Isidoro Agricola, qui tertio ante saeculo in album Sanctorum adscripti essent, ea non parum visa est ad christianae vitae studium in populo excitandum valuisse. Nunc autem auspicato accidit caelestis natalis trecentesimus sanctissimi viri, qui non solum ipse virtutum omnium excellentia eluxit, sed etiam magisterio ac disciplina sanctitatis. Franciscum Salesium dicimus, Episcopum Genevensem et Ecclesiae Doctorem; qui quidem, non secus atque illa christianae perfectionis sapientiaeque lumina quae memoravimus; videtur oppositus esse a Deo Novatorum haeresi, unde illa exorta est humanae societatis ab Ecclesia defectio, de cuius tristibus acerbisque eventibus hodie optimus quisque merito conqueritur. Atque etiam videtur Salesius singulari Dei consilio Ecclesiae datus, ut et actione vitae suae et doctrinae facultate opinionem illam profligaret eius temporibus iam inveteratam, quae ne hodie quidem refrixit, veri nominis sanctitatem, qualem catholica proponit Ecclesia, aut adaequari non posse, aut certe tam arduam esse ad assequendum, ut in plerosque fidelium minime cadat, sed paucis tantummodo, iisque magno atque excelso animo praeditis, conveniat; eandem, praeterea, tantis implicari fastidiis ac taediis, ut ad viros mulieresque extra claustra degentes neutiquam accommodetur. Itaque desideratissimus decessor Noster Benedictus XV, cum de illis quinque caelitibus sollemnem sermonem haberet, beatum Francisci Salesii obitum attingens proxime celebrandum, proprias hac de re Litteras se ad Ecclesiam universam daturum pollicebatur. Hoc Nos decessoris propositum, tamquam hereditate acceptum, libentissime exsequimur, eo magis quod sperare licet, futurum, ut commemorationis haud ita multo ante habitae fructus huius propediem ordiendae fructibus cumulentur. 

Iam si Salesii vitam studiose consideremus, fuit hic usque ab ineunte aetate specimen sanctimoniae, et illud non severum ac triste, sed blandum et commune omnibus, ut vere de eo praedicari posset: Non enim habet amaritudinem conversatio illius, nec taedium convictus illius, sed laetitiam et gaudium (4). Etenim cum virtutibus omnibus exsplendesceret, tum eximiam prae se tulit animi mansuetudinem, quam propriam eius et singularem notam recte dixeris, omnino tamen dissimilem eius fucatae benignitatis, quae in quodam munditiarum urbanarum studio et immoderatae comitatis ostentatione posita est, alienamque prorsus vel a lentitudine seu apathia quae nulla re commovetur vel a timiditate quae ne tum quidem audet, cum oportet, stomachari. Haec sane praecipua Salesii virtus, ex intimo pectore tamquam dulcissimus fructus caritatis erumpens, cum scilicet miserationis atque indulgentiae spiritu maxime contineretur, ea suavitate et oris gravitatem temperabat et corporis gestum et vocem aspergebat, ut studiosam omnium reverentiam ipsi conciliaret. Legimus, consuevisse nostrum facillime admittere amanterque excipere omnes, flagitiosos homines in primis et apostatas, qui domum ad se, culpae eluendae emendandaeque causa, confluerent; eundem in deliciis habuisse reos carceribus inclusos, quos crebro invisens multiplicibus recreabat suae caritatis officiis; neque minus indulgenter solitum esse cum famulis suis agere, quorum segnitiam temeritatesque toleranter in exemplum patiebatur. Quae eius mansuetudo, quemadmodum ad universos pertinebat, sic nullo unquam tempore, nec in prosperis nec in adversis rebus, factum est ut deficeret; eum igitur, quantumcumque divexarent, nunquam haeretici eo minus comem sibi facilemque experti sunt. Cum enim, anno post initum sacerdotium, Episcopo Genevensi Granerio ipse, invito ac repugnante patre, ultro se ad Chaballicenses Ecclesiae reconciliandos obtulisset, traditamque sibi perlibenter eam provinciam, magnam quidem ac difficilem, tanto studio exsequeretur, nullos ut labores recusaret, nulla vel capitis pericula refugeret, ad salutem tot hominum millibus parandam non tam eius summa doctrinae copia ac dicendi vis et facultas, quam invicta in peragendis sacri ministerii partibus benignitas profuit. Saepe solitus memorabilem illam vocem edere: Apostoli non aliter nisi patiendo pugnant, nec nisi moriendo triumphant, vix credibile est quam impigre quamque constanter Iesu Christi causam apud Chaballicenses suos egerit : qui, ut fidei lumen christianaeque spei solacia iis afferat, per supinas valles angustosque saltus repere; defugientes inclamando persegui; inhumane repulsus, insistere; minis appetitus, ad institutum redire; e deversoriis identidem deturbatus, noctes inter frigora et nives sub divo agere: nullo adstante, operari sacris; subducentibus se fere omnibus, contionari; integram tamen retinere semper suam animi tranquillitatem, suam in ingratos homines caritatem suavissimam, qua pervicaciam adversariorum, quantumvis obfirmatam, ad extremum expugnat.

Verum si quis putet, Salesium hanc animi indolem sortitum esse eumque unum ex iis perbeatis fuisse hominibus quos in benedictionibus dulcedinis gratia Dei praevenerit, vehementer errat. Quin Francisco, ex ipsa corporis constitutione, acrior quaedam natura obtigit atque in iram praeceps, at is, Iesu Christo sibi ad imitandum proposito, qui edixerat: Discite a me, quia mitis sum et corde (5), animi sui motus perpetuo exploravit et, vi in se adhibita, coercuit edomuitque adeo, ut Deum pacis et mansuetudinis tam in se ad vivum expresserit quam qui maxime. Quam rem illud praeclare confirmat quod proditum memoriae est, msdicos, qui sacrum eius corpus post obitum curaverunt, in eo rite condiendo fel prope lapidescens atque in minutissimos calculos concisum invenisse: quo ex portento iudicasse, quanta vi quantoque nisu ei constare debuisset ut quinquaginta annorum spatio nativam iracundiam contineret. Nimirum ex animi fortitudine, quam quidem perpetuo fidei vigor atque ignis divinae caritatis alebat, omnis illa exstitit Salesii lenitas, ut aptissime in eum quadret quod est in sacris Litteris: De forti egressa est, dulcedo (6). Nec vero fieri poterat, quin pastoralis mansuetudo, qua florebat, quaque, ut ait Chrysostomus,nihil violentius (7), eam in alliciendis hominum voluntatibus haberet efficacitatem, quae mitibus divino promittitur oraculo: Beati mites, quoniam ipsi possidebunt terram (8). Ceterum quam forti esset pectore hic, de quo exemplum mansuetudinis capere licebat, tum vero clarissime apparuit quotiescumque ei fuit cum potentibus pro gloria Dei, pro Ecclesiae auctoritate, pro animarum salute certandum. Ut, cum ecclesiasticae iurisdictionis immunitatem adversus Senatum Chamberiensem defendit; a quo cum litteras minaces accepisset, eum sibi redituum partem abiudicaturum, non modo congruenter dignitati suae legato respondit, verum etiam ab vindicanda iniuria non ante conquievit quam Senatus plene ipsi satisfecit. Eademque animi constantia Principis iram subiit, apud quem cum fratribus iniurià insimulatus erat, neque minus acriter optimatum voluntati restitit in sacris beneficiis conferendis; itemque, omnia nequiquam expertus, animadvertit in contumaces qui Ordini canonicorum Genevensium decumam fructuum denegassent. Itaque evangelica libertate cum in publica vitia invehi, tum simulatam virtutem pietatemque consueverat detegere; veritusque, si unquam alius, Principum maiestatem, semper tamen ita se gessit ut eorum nec assentaretur cupiditatibus nec intemperanti arbitrio obsequeretur.

Iam videamus, Venerabiles Fratres, quemadmodum Salesius, cum se ipse praeberet amabile exemplum sanctitatis, idem tutam expeditamque omnibus christianae perfectionis viam scribendo commonstraverit, atque ut, in hac quoque re, Iesum Dominum, qui coepit facere et docere (9), imitatus esse videatur. Plurima quidem sunt quae hoc ipso consilio edidit eaque nobilissima scripta; in iis vero duo illi eminent vulgatissimi libri, quorum alter Philothea, alter Tractatus de amore Dei inscribitur. Ad priorem autem quod attinet, postquam Salesius germanam pietatem ab ea distinxit asperitate quae animos in virtutis exercitatione terrendo debilitat, licet non illo exuat aequo rigore qui christianae disciplinae congruit, in eo totus est ut ostendat, sanctitatem cum omnibus civilis vitae officiis condicionibusque conciliari optime, atque in media saeculi consuetudine quemvis accommodate ad salutem posse degere, modo ne mundi hauriat imbibatque spiritum. Ipso interea magistro discimus id quidem facere — culpa nimirum excepta — quod omnes solent, at simul, quod plerique non solent, id ipsum sancte facere et ea quidem mente ut Deo placeamus: praeterea docemur decorum servare, quod ipse venustum virtutum ornatum appellat; naturam non abolere, sed vincere, et paullatim parvoque nisu in caelum evolare, columbarum more, si aquilarum non licet, id est vitae sanctimoniam communi assequi via quando ad singularem perfectionem non destinamur. Idem gravi eoque expedito scribendi genere, subtilique et festiva verborum sententiarumque usus varietate, qua praecepta commendantur fiuntque gratiora legentibus, postquam exposuit, esse nobis ab omni culpa, malis a propensionibus, a rebusque inutilibus ac noxiis abstinendum, dicere aggreditur quibus exercitationibus animum excolere et qua ratione cum Deo coniungi debeamus. Deinde, hoc polito, peculiarem aliquam deligendam nobis esse virtutem, ad quam sine intermissione contendamus donec eius compotes simus, tum de singulis virtutibus agit, de decentia, de honestis probrosisque colloquiis, de licitis periculosisque oblectamentis, de fidelitate erga Deum retinenda, deque coniugum, viduarum virginumque officiis. Idem denique praecipit, quibus artibus pericula, tentationes voluptatumque illecebras cum dignoscamus, tum superemus, et quo pacto animi statum per sancta proposita redintegremus quotannis ac renovemus. Atque hic liber, quo quidem nullum in hoc genere absolutiorem prodiisse aequales eorum temporum censuerunt, utinam hodie ab omnibus pervolutetur, uti olim in manibus omnium tamdiu versatus est; tum vero christiana ubique gentium pietas reviresceret et communi filiorum suorum sanctitate Ecclesia Dei laetaretur. Eo etiam maioris momenti ac ponderis est Tractatus de amore Dei, in quo sanctus Doctor, quasi quandam Dei caritatis historiam scribere aggressus, narrat quae eius fuerit origo et quae progressiones, atque etiam quare in animis hominum defervescere ac languere coeperit; tradit deinceps, quomodo in ea exerceamur ac proficiamus. Oblata vero opportunitate, difficillimas quaestiones dilucide explanat, ut de gratia efficaci, de praedestinatione, de vocatione ad fidem; et, ne ieiuna currat oratio, eam — quae erat illius ingenii ubertas et celeritas — tam festiva iucunditate tantoque pietatis odore consperbit, ea similitudinum varietate iisque et exemplis et locis aptissimis ornat, e Scriptura sacra plerumque depromptis, ut liber non tam ex eius mente quam ex visceribus medullisque manasse videatur. Principia autem spiritualis vitae, quae in duobus hisce voluminibus explicaverat, in usum animarum ipse convertit cum in cotidiano ministerio, tum in admirandis illis, quas exaravit, Epistolis; eademque ad gubernationem accommodavit Sororum a Visitatione, quarum Institutum, ab ipso conditum, eius adhuc spiritum religiosissime retinet. Etenim moderationem ac suavitatem in hac sodalitate, ut ita dicamus, spirant ac sapiunt omnia: cuius sodalitatis est proprium, ut virginibus feminisque viduis ac matronis vel debilibus atque aegris vel aetate provectis pateat, quarum vires incitatum animi studium haud exaequare videantur. Non enim ibi vigiliarum et psalmodiae diuturnitas, non paenitentiae vel expiationum asperitas, sed legibus tam mitibus tamque remissis obtemperatio, ut moniales etiam, quae minus valent, omnia sibi imperata explere facile possint. Verum eiusmodi facilitas atque in agendo iucunditas eo informari debet caritatis igne, qui efficiat, ut religiosae mulieres, quae Salesio auctore gloriantur, cum se penitus abnegent, tum modestissime pareant, et, non speciosas sed solidas perseguendo virtutes, sibimet moriantur ut Deo vivant. In quo quis non agnoscat singularem illam suavitatis cum fortitudine coniunctionem, qualem in legifero Patre admiramur ?

Multa quidem Salesii scripta praeterimus, unde etiam caelestis eius doctrina, veluti aquae vivae flumen, irrigando Ecclesiae agro... utiliter populo Dei fluxit ad salutem (10); at facere non possumus quin Controversiarum librum memoremus, in quo, sine ulla dubitatione, plena catholicae fidei demonstratio (11) habetur. In comperto est, Venerabiles Fratres, quibus temporibus sacram ad Chaballicenses expeditionem Franciscus susceperit. Cum, uti rerum gestarum scriptores enarrant, a Sabaudiae Duce cum Bernensibus et Genevensibus exeunte anno MDLXXXXIII induciae essent initae, tum maxime visum est, ad Chaballicenses Ecclesiae reconciliandos nihil magis profuturum, quam si, missis illuc studiosis doctisque divini verbi praeconibus, persuasione adhibita, sensim ad fidem allicerentur. Cum autem is, qui primis regionem adiit, vel quod haereticorum desperaret emendationem vel quod sibi metueret, e sacro certamine discessisset, Salesius, qui sese, ut diximus, Episcopo Genevensi missionalem obtulerat, mense Septembri anno MDLXXXXIV, pedes, sine cibariis domesticisque copiis, nullo nisi fratris patruelis comitatu, ieiuniis precibusque ante iteratis cum sibi unice a Deo prosperum incepti exitum sponderet, in regionem haereticorum ingreditur. Sed cum illi contiones declinarent, eorum errores deliberavit per schedas convincere in sermonum intervallis a se exaratas, quarum exscripta exemplaria, de manu in manum tradita, inter haereticos quoque insinuarentur. Quae paginarum confectio gradatim conquievit tum denique cum incolae sacris contionibus frequentissimi interesse coeperunt; schedae autem manu ipsius Sancti Doctoris scriptae et post eius obitum dissipatae, multo post in volumen collectae sunt et decessori Nostro Alexandro VII oblatae; cui postea contigit, ut eundem cum in beatorum tum in sanctorum caelitum numerum, iudicio rite absoluto, referret. Iamvero in hisce Controversiis sanctus Doctor, quamquam concertatoriam quasi supellectilem superiorum aetatum commodissime adhibet, est tamen semper in disputando suus; ac, primum omnium, illud confirmat, auctoritatem in Ecclesia Christi ne cogitari quidem posse nisi legitimo mandato tributam, quo haeretici sacrorum administri prorsus careant; tum convictis eorum de Ecclesia natura erroribus, proprias verae Ecclesiae notas definit, easque demonstrat in catholica quidem Ecclesia reperiri, contra in reformata desiderari. Deinde Regulas fidei diligenter explanat, et eas violari ab haereticis, apud nos autem sancte custodiri ostendit ; peculiares denique tractatus adiicit, e quibus tamen solae exstant de Sacramentis et de Purgatorio disputationes. Mirabile est autem quam copioso doctrinae apparatu et quam sapienter instructa tamquam acie argumentorum noster adversarios adoriatur, eorumque mendacia et fallacias, ironia etiam dissimulantiaque felicissime usus, patefaciat. Cuius si aliquando verba videntur vehementiora, ex iis tamen eminet, ut ipsimet fatebantur adversarii, omnis disputationis eius moderatrix, vis caritatis; nam vel quando errantibus filiis eorum a catholica fide defectionem exprobrat, non alio eum spectare apparet, nisi ut viam sibi muniat ad eorum reditum enixe implorandum. Sed enim vel in controversiarum libro eandem animi effusionem reperire licet eundemque illum spiritum, quo redundant opera ad fovendam pietatem ab eo confecta; oratio autem tam elegans, tam urbana, tam bene ad persuadendum composita, ut ipsi haeresis administri asseclas suos soliti essent admonere, ne Genevensis missionalis blandimentis allici se et capi paterentur.

Itaque, Venerabiles Fratres, cum de Francisci Salesii rebus gestis et scriptis aliquid delibaverimus, reliquum est ut vos cohortemur ad saecularem eius memoriam in singulis vestris dioecesibus salubriter celebrandam. Neque enim velimus eiusmodi sollemnia sterili quadam praeteritarum rerum commemoratione absolvi, aut paucos ad dies contrahi; quin cupimus, ut hoc vertente anno ad diem usque octavum et vicesimum mensis Decembris, quo die is ad caelestia evolavit, quam accuratissime poterit, de virtutibus et praeceptis Sancti Doctoris fideles edocendos curetis. Vestrum igitur in primis erit, haec verba Nostra ad clerum populumque vobis concreditum perferre, atque illustrare diligenter. Illud enim praecipue Nobis in optatis est, ut fideles ad sanctitatis uniuscuiusque propriae colendae officium revocetis, cum nimis multi sint qui vel nunquam de vita aeterna recogitent vel salutem animae suae prorsus neglegant. Alii enim, operosis negotiis implicati, nihil curant nisi de pecunia congerenda, dum animus misere esurit; alii vero, voluptatibus dediti, sic se abiiciunt in terram, ut gustatus earum rerum, quae supra sensus sunt, obtundatur in iis atque hebescat; alii denique ad tractandam accedunt rem publicam, de civitate quidem solliciti, at sui ipsorum immemores. Quare vos, instituto Salesii, efficite, Venerabiles Fratres, ut populus intellegat, vitae sanctimoniam haud esse singulare beneficium, quod aliquibus concedatur, ceteris posthabitis, sed communem omnium sortem et commune officium; virtutum vero adeptionem, etsi in labore posita est – qui labor voluptate animi solaciisque omne genus compensatur – esse tamen unicuique parabilem divinae gratiae praesidio, quod nulli denegatur. Potissimum autem fidelium imitationi Francisci mansuetudinem proponite ; haec enim virtus, quae tam pulcre reddit atque exprimit Iesu Christi benignitatem ac tantum potest ad alliciendos homines, si semel animos vulgo pervaserit, nonne publicae privataeque rationes facile componantur? Nonne hac cum virtute, quam recte dixeris exteriorem divinae caritatis ornatura, in domestico convictu atque etiam in civitate summa tranquillitas et concordia consistat? Atque apostolatui, quem vocant, cum sacerdotum tum laicorum, si quidem christianam lenitatem praeferat, numquid non ingens accedat vis ad societatem hominum emendandam? Videtis igitur quanto opere intersit, ut populus christianus Francisci et sanctissima exempla mente animoque complectatur et praecepta veluti vivendi disciplinam teneat. Quod ut detur effectum, mirum quantum proderit libros et opuscula, quae diximus, in vulgus quam latissime propagari; eiusmodi enim scripta, ut sunt facilia intellectu atque ad legendum iucunda, in fidelium animis germanae solidaeque pietatis studium excitatura sunt, quod sacerdotes fovebunt aptissime, si quidem ipsi Salesii doctrinam in sucum et sanguinem converterint dulcissimamque eius eloquentiam erunt imitati. Qua in re, Venerabiles Fratres, memoriae traditum est, decessorem Nostrum Clementem VIII iam tum praenuntiasse quam mirificam essent Francisci et verba et scripta in populo habitura virtutem. Cum enim Pontifex, Purpuratis Patribus doctissimisque viris assidentibus, Salesii, ad episcopatum electi, sacrarum disciplinarum scientiam expertus esset, tanta affectus est admiratione, ut hominem peramanter amplexus, iis verbis sit allocutus: Vade, fili, et bibe aquam de cisterna tua et fluenta putei tui, deriventur fontes tui foras, et in plateis aquas tuas divide (12). Ita sane Franciscus contionabatur, ut eius praedicatio tota esset in ostensione spiritus et virtutis, cum, ex Bibliis et Patribus hausta, non modo sanis doctrinae theologicae nutrimentis aleretur, sed etiam ex caritatis delinimento mollior ac suavior exsisteret. Non est igitur cur miremur, ab eo tam plurimos numero haereticos ad Ecclesiam revocatos esse, eodemque magistro ac duce tot fideles, hoc trium saeculorum intervallo, perfectum vitae institutum tenuisse.
Sed praecipuum quemdam utilitatis fructum ex hisce sollemnibus percipiant optamus omnes ii catholici viri, quotquot vel diariis vel aliis scriptis in vulgus edendis christianam sapientiam illustrant, provehunt, tuentur. Qui quidem Francisci in disputando vim cum temperantia et caritate coniunctam imitentur oportet ac retineant. Quid enim ipsis agendum sit, sanctus Doctor exemplo suo aperte monet: ut scilicet doctrinam catholicam perdiligenter explorent et pro viribus calleant; vera ne depravent, neve, per speciem devitandae adversariorum offensionis, extenuent aut dissimulent; ipsam sermonis formam ac venustatem accurent, et cogitata sic luminibus verborum distinguant atque ornent, ut veritate lectores delectentur; si quos autem oppugnare debeant, sciant errata refellere malorumque hominum improbitati obsistere, ita tamen, ut se recte animatos in primisque cantate instinctos exhibeant. Quoniam vero iis, quos memoravimus, catholicis scriptoribus non constat ex publico ac sollemni Apostolicae Sedis documento Salesium datum esse Patronum, hanc Nos faustam occasionem nacti, de certa scientia ac matura deliberatione, auctoritate Nostra apostolica, per hanc Encyclicam Epistolam, Sanctum Franciscum Salesium, Episcopum Genevensem et Ecclesiae Doctorem, iis omnibus Caelestem Patronum damus seu confirmamus, ac declaramus, non obstantibus contrariis quibuslibet.

Iam vero, Venerabiles Fratres, quo saecularia haec sollemnia et augustiora et fructuosiora evadant, fidelibus vestris nulla desint oportet invitamenta pietatis, ita, ut hoc praeclarum Ecclesiae lumen qua decet veneratione colant, atque, eo usi deprecatore, animum, a peccati vestigiis expiatum ac divino refectum epulo, ad sanctitatem brevi adipiscendam fortiter suaviterque dirigant. Curate igitur ut in civitate honoris vestri sede et in singulis dioecesis paroeciis, per hunc annum, ad diem octavum ac vicesimum mensis Decembris, triduanae vel novendiales supplicationes fiant, in quibus divini verbi praedicatio habeatur, cum intersit quam maxime, populum de iis diligenter erudiri, quae, Salesio duce, eum ad altiora permoveant. Erit praeterea vobis curae, ut iis aliis, qui opportuniores videantur, modis sanctissimi Episcopi res gestae commemorentur. Atque ut sacrorum munerum thesaurum, Nobis divinitus creditum, in animarum bonum reseremus, tribuimus, ut qui iis, quas diximus, supplicationibus pie interfuerint, unoquoque die septem annorum totidemque quadragenarum, et postremo eorum, vel quo alio cuivis libuerit, die plenariam usitatis condicionibus indulgentiam lucrentur. Ne vero Anneciense Visitationis Coenobium, ubi Salesius requiescit — cuius quidem ante venerabile corpus Nos olim incredibili cum voluptate animi Sacrum fecimus — itemque Tarvisinum, in quo cor eius adservatur, ceteraeque Monialium a Visitatione familiae peculiari aliqua careant benignitatis Nostrae significatione, damus, ut quicumque, per sacra menstrua, quae ipsaemet in gratiarum actionem hoc anno habebunt, praetereaque die octavo ac vicesimo mensis Decembris, pariter hoc tantum anno, earum ecclesias de more inviserint atque, poenitentia expiati et Eucharisticis dapibus refecti, ad mentem Nostram oraverint, plenariam item veniam acquirant.

Vos autem, Venerabiles Fratres, fideles curis vestris commissos vehementer hortamini, ut Sanctum Doctorem Nostra causa obsecrent : quandoquidem enim Deo placuit, ut Ecclesiam suam difficillimis temporibus regundam susciperemus, utinam, Salesio auspice, qui Apostolicam Sedem insigni studio ac reverentia est prosecutus eiusque iura atque auctoritatem in Controversiis mirifice defendit, id feliciter eveniat, ut, quotquot a Christi lege et caritate alieni sunt, eos omnes, ad pascua vitae aeternae redeuntes, in communione atque osculo pacis amplectamur. Caelestium interea donorum conciliatrix et paternae benevolentiae Nostrae testis sit apostolica benedictio, quam vobis, Venerabiles Fratres, universoque clero ac populo vestro amantissime impertimus.
Datum Romae apud Sanctum Petrum die XXVI mensis Ianuarii, anno MDCCCCXXIII, Pontificatus Nostri primo.
 
PIUS PP. XI  
*A.A.S., vol. XV (1923), n. 2, pp. 49-63.
 
(1) I Thess., IV, 3.
(2) MATTH., V, 48.
(3) S. AUG., 1. De natura et gratia, c. 43, n. 50.
(4) Sap., VIII, 16.
(5) MATTH., xi, 29.
(6) Iudic., XIV, 14.
(7) Hom. 58 in Gen.
(8) MATTH., V, 4.
(9) Act., I, 1.
(10) Litt. Ap. Pii IX d. 16 Nov. 1877.
(11) Ibidem.
(12) Proverb., V, 15, 16.
입력 : 2019.02.12 오전 10:22:30
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