Radio Vaticana
PAPA
Il Papa prega per la fine della pandemia: Dio, non lasciarci in balia della tempesta <우한 폐렴의 팬더미아(세계화)가 속히 끝나도록, 교황님 기도하십니다. 천주님께서는 우리를 폐렴의 폭풍 속에 버려두지 않으십니다>
Francesco ha presieduto uno storico momento di preghiera sul sagrato della Basilica di San Pietro con la piazza vuota, ma seguito dai cattolici di tutto il mondo, sempre più minacciato dalla diffusione del Covid-19. “Signore, benedici il mondo, dona salute ai corpi e conforto ai cuori", sappiamo "che Tu hai cura di noi”, ha detto prima dell'adorazione del Santissimo Sacramento e della Benedizione Urbi et Orbi, alla quale è stata annessa la possibilità di ricevere l’indulgenza plenaria
Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
In una piazza San Pietro vuota e lucida di pioggia, in un silenzio che echeggiava milioni di preghiere e un bisogno universale di speranza, si è posato lo sguardo del mondo. Alla voce emozionata di Papa Francesco si è unito il respiro affannoso della terra, in ansia per la pandemia che in questo tempo di Quaresima sembra adombrare e sospendere il futuro. A partire dalle ore 18.00, l’universalità della preghiera e l’unità spirituale hanno dato un timbro corale alle speranze del popolo di Dio, con Francesco solo a incarnare in modo plastico l'essenza del ruolo di "Pontefice", di ponte tra la terra bisognosa di risposte e il cielo a cui chiederle.
Un'umanità provata ma protesa a Dio ha vissuto questo straordinario evento, trasmesso in diretta mondovisione da Vatican Media, attraverso i mezzi di comunicazione. E ha ascoltato la Parola di Dio con le immagini che lentamente mostravano, alternandole, due "icone" sacre care a Roma e, grazie al Papa, diventate note a ogni latitudine, quella della Salus populi romani, da sempre venerata in Santa Maria Maggiore, e il crocifisso ligneo della chiesa di San Marcello al Corso, che protesse l'Urbe dalla "grande peste" e davanti al quale Francesco si è inginocchiato il 15 marzo scorso. Un Crocifisso che per l'angolatura delle riprese contro la pioggia è parso talvolta piangere e condividere il lutto di tanti sul pianeta.
Tutti sulla stessa barca < 우리 모두가 같은 배 안에 있읍니다>
Le parole pronunciate da Francesco nell'omelia dopo il Vangelo, accompagnate dalla pioggia, si sono legate alle ombre ma anche alle luci di questi giorni segnati da sofferenze, timori e testimonianze di autentica umanità che si diffondono tra nazioni e Continenti. Nel passo scelto in questa giornata, tratto dal Vangelo secondo Marco, Gesù dice ai suoi discepoli di passare sull’altra riva. Dopo una grande tempesta, Cristo è svegliato dai discepoli che temono di essere perduti. Nonostante il trambusto, Gesù dorme sereno, fiducioso nel Padre. Poi il vento cessa e le acque si calmano. Gesù rivolge quindi queste parole ai discepoli: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?”. Anche oggi, ha detto il Papa, viviamo un tempo sferzato dalla tempesta:
Da settimane sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo ritrovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti.
Momento straordinario di preghiera presieduto dal Papa
La tempesta smaschera i nostri ego <La tempesta smaschera i nostri ego>
Durante la tempesta “Gesù sta a poppa, nella parte della barca che per prima va a fondo”, e dorme sereno. I discepoli - ha ricordato il Papa - pensano che si disinteressi di loro. Ma una volta invocato, salva i suoi discepoli sfiduciati. Anche nelle nostre famiglie, ha spiegato il Pontefice, “una delle cose che fa più male è quando ci sentiamo dire: Non t’importa di me?”:
La tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità. Ci dimostra come abbiamo lasciato addormentato e abbandonato ciò che alimenta, sostiene e dà forza alla nostra vita e alla nostra comunità. La tempesta pone allo scoperto tutti i propositi di ‘imballare’ e dimenticare ciò che ha nutrito l’anima dei nostri popoli; tutti quei tentativi di anestetizzare con abitudini apparentemente ‘salvatrici’, incapaci di fare appello alle nostre radici e di evocare la memoria dei nostri anziani, privandoci così dell’immunità necessaria per far fronte all’avversità. Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri ‘ego’ sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli.
Il tempo della scelta, non del giudizio <판별의 때가 아닌,선별의 시대입니다.>
Sono molteplici le ferite inferte dall'uomo alla terra che più volte, nell'indifferrenza di molti, ha mostrato il proprio grido di dolore. In questo mondo che il Signore ama più di noi, ha detto il Papa, "siamo andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci in tutto":
Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta. Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato. Ora, mentre stiamo in mare agitato, ti imploriamo: “Svegliati Signore!”. 'Perché avete paura? Non avete ancora fede?'. Signore, ci rivolgi un appello, un appello alla fede. Che non è tanto credere che Tu esista, ma venire a Te e fidarsi di Te. In questa Quaresima risuona il tuo appello urgente: “Convertitevi”, «ritornate a me con tutto il cuore» (Gl 2,12). Ci chiami a cogliere questo tempo di prova come un tempo di scelta. Non è il tempo del tuo giudizio, ma del nostro giudizio: il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è. È il tempo di reimpostare la rotta della vita verso di Te, Signore, e verso gli altri. E possiamo guardare a tanti compagni di viaggio esemplari, che, nella paura, hanno reagito donando la propria vita. È la forza operante dello Spirito riversata e plasmata in coraggiose e generose dedizioni.
Le armi vincenti sono la preghiera e il servizio silenzioso
<승리의 무기는 기도와 묵묵히 봉사는 것입니다>
In questo mondo provato dalla pandemia, la strada da seguire è quella della corresponsabilità perché "nessuno si salva da solo". "È la vita dello Spirito - ha detto il Papa - capace di riscattare, di valorizzare e di mostrare come le nostre vite sono tessute e sostenute da persone comuni – solitamente dimenticate – che non compaiono nei titoli dei giornali e delle riviste né nelle grandi passerelle dell’ultimo show ma, senza dubbio, stanno scrivendo oggi gli avvenimenti decisivi della nostra storia":
Medici, infermieri e infermiere, addetti dei supermercati, addetti alle pulizie, badanti, trasportatori, forze dell’ordine, volontari, sacerdoti, religiose e tanti ma tanti altri che hanno compreso che nessuno si salva da solo. Davanti alla sofferenza, dove si misura il vero sviluppo dei nostri popoli, scopriamo e sperimentiamo la preghiera sacerdotale di Gesù: «che tutti siano una cosa sola» (Gv 17,21). Quanta gente esercita ogni giorno pazienza e infonde speranza, avendo cura di non seminare panico ma corresponsabilità. Quanti padri, madri, nonni e nonne, insegnanti mostrano ai nostri bambini, con gesti piccoli e quotidiani, come affrontare e attraversare una crisi riadattando abitudini, alzando gli sguardi e stimolando la preghiera. Quante persone pregano, offrono e intercedono per il bene di tutti. La preghiera e il servizio silenzioso: sono le nostre armi vincenti.
Un momento della preghiera in piazza San Pietro
Abbiamo bisogno del Signore <우리에게는 주님이 계셔야 합니다>
Nell'omelia è risuonata poi, un'altra volta, la domanda posta da Gesù: "Perché avete paura? Non avete ancora fede?". "L’inizio della fede - ha sottolineato Francesco - è saperci bisognosi di salvezza":
Non siamo autosufficienti, da soli affondiamo: abbiamo bisogno del Signore come gli antichi naviganti delle stelle. Invitiamo Gesù nelle barche delle nostre vite. Consegniamogli le nostre paure, perché Lui le vinca. Come i discepoli sperimenteremo che, con Lui a bordo, non si fa naufragio. Perché questa è la forza di Dio: volgere al bene tutto quello che ci capita, anche le cose brutte. Egli porta il sereno nelle nostre tempeste, perché con Dio la vita non muore mai. Il Signore ci interpella e, in mezzo alla nostra tempesta, ci invita a risvegliare e attivare la solidarietà e la speranza capaci di dare solidità, sostegno e significato a queste ore in cui tutto sembra naufragare. Il Signore si risveglia per risvegliare e ravvivare la nostra fede pasquale. Abbiamo un’ancora: nella sua croce siamo stati salvati. Abbiamo un timone: nella sua croce siamo stati riscattati. Abbiamo una speranza: nella sua croce siamo stati risanati e abbracciati affinché niente e nessuno ci separi dal suo amore redentore. In mezzo all’isolamento nel quale stiamo patendo la mancanza degli affetti e degli incontri, sperimentando la mancanza di tante cose, ascoltiamo ancora una volta l’annuncio che ci salva: è risorto e vive accanto a noi.
Accendiamo la speranza <불같은 희망으로 >
Il Papa ha esortato a volgere lo sguardo verso il Padre che ci ama sempre e soprattutto verso la croce. "Il Signore - ha spiegato il Santo Padre - ci interpella dalla sua croce a ritrovare la vita che ci attende, a guardare verso coloro che ci reclamano, a rafforzare, riconoscere e incentivare la grazia che ci abita. Non spegniamo la fiammella smorta, che mai si ammala, e lasciamo che riaccenda la speranza".
Abbracciare la sua croce significa trovare il coraggio di abbracciare tutte le contrarietà del tempo presente, abbandonando per un momento il nostro affanno di onnipotenza e di possesso per dare spazio alla creatività che solo lo Spirito è capace di suscitare. Significa trovare il coraggio di aprire spazi dove tutti possano sentirsi chiamati e permettere nuove forme di ospitalità, di fraternità e di solidarietà. Nella sua croce siamo stati salvati per accogliere la speranza e lasciare che sia essa a rafforzare e sostenere tutte le misure e le strade possibili che ci possono aiutare a custodirci e custodire. Abbracciare il Signore per abbracciare la speranza: ecco la forza della fede, che libera dalla paura e dà speranza.
Scenda la benedizione di Dio <천주님의 강복이 내리십니다 !>
Il Papa ha infine affidato l'umanità al Padre e implorato il Signore perché non ci lasci in balia della tempesta:
Cari fratelli e sorelle, da questo luogo, che racconta la fede rocciosa di Pietro, stasera vorrei affidarvi tutti al Signore, per l’intercessione della Madonna, salute del suo popolo, stella del mare in tempesta. Da questo colonnato che abbraccia Roma e il mondo scenda su di voi, come un abbraccio consolante, la benedizione di Dio. Signore, benedici il mondo, dona salute ai corpi e conforto ai cuori. Ci chiedi di non avere paura. Ma la nostra fede è debole e siamo timorosi. Però Tu, Signore, non lasciarci in balia della tempesta. Ripeti ancora: «Voi non abbiate paura» (Mt 28,5). E noi, insieme a Pietro, “gettiamo in Te ogni preoccupazione, perché sappiamo che Tu hai cura di noi”.
Preghiera a Dio onnipotente <전능하신 천주님께 기도를 바칩시다>
Questo pomeriggio di preghiera, come un diverso venerdì della misericordia, si è aperto con un immagine semplice ma intensa. Il Pontefice è arrivato da solo e in silenzio sulla cima del sagrato, accompagnato da monsignor Guido Marini, maestro delle cerimonie pontificie. L'inquadratura dall'alto accentuava la sensazione di solitudine e insieme la potenza della scena. Con il segno della Croce e un’orazione, il Papa ha introdotto il momento di preghiera per invocare la fine della pandemia.
“Preghiamo. Dio onnipotente e misericordioso, guarda la nostra dolorosa condizione: conforta i tuoi figli e apri i nostri cuori alla speranza, perché sentiamo in mezzo a noi la tua presenza di Padre. Amen (Orazione)”
Fede più forte della tempesta <폭풍보다 더 억센 강한 신덕으로>
Dopo la lettura del Vangelo, la meditazione di Francesco ha sovrastato gli spazi vuoti e millenari di una città quasi interamente raccolta nelle case, trasformate in chiese domestiche dalla preghiera. Quindi il Santo Padre si è recato davanti all’immagine della Salus Populi Romani e al crocifisso di San Marcello. Francesco, con indosso le vesti sacre, è entrato nell’atrio dal cancello centrale della Basilica. L’adorazione al Santissimo Sacramento esposto sull’altare, avvolto dall'incenso, ha preceduto la supplica per chiedere al Signore di salvare l’umanità “da tutti i mali che affliggono l’umanità”, “dalle malattie, dalle epidemie e dalla paura del fratello”. Le ultime parole della supplica hanno il ‘deserto’ della Quaresima e l’orizzonte della Pasqua: aprici alla speranza, Signore, se il dolore ci visita, se l’indifferenza ci angoscia, se la morte ci annienta.
Benedizione eucaristica e indulgenza plenaria <성체강복과 전대사를 베풀며>
Dopo la supplica, è seguito il rito della Benedizione eucaristica Urbi et Orbi, alla città e al mondo. Il cardinale Angelo Comastri, arciprete della Basilica di San Pietro, ha pronunciato la formula per la proclamazione dell’indulgenza. A tutti quelli che hanno ricevuto la benedizione eucaristica anche a mezzo della radio, della televisione e delle altre tecnologie di comunicazione, è stata concessa l’indulgenza plenaria nella forma stabilita dalla Chiesa.
Misericordia per l’umanità provata <교황님께서, 천주경을 바치시며; 시련 속에 처한 인류를 위한 자비를 내리시도록 !>
Il momento di preghiera vissuto oggi era stato annunciato da Papa Francesco lo scorso 22 marzo all’Angelus. In quell’occasione, il Pontefice aveva anche invitato tutti i Capi delle Chiese e i leader di tutte le Comunità cristiane a unirsi a recitare insieme la preghiera che Gesù ci ha insegnato il Padre Nostro. “Come figli fiduciosi – ha detto Francesco mercoledì scorso introducendo la preghiera - ci rivolgiamo al Padre”. “Vogliamo implorare misericordia per l’umanità duramente provata dalla pandemia di coronavirus”. Anche oggi la voce di Papa Francesco ha guidato le voci dei cristiani sparsi in tutte le regioni del mondo per invocare Dio onnipotente e affidarsi alla Sua misericordia.
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Il momento di preghiera guidato dal Papa in tempo di epidemia
Argomenti
27 marzo 2020, 19:05
PAPA
Il Papa prega per la fine della pandemia: Dio, non lasciarci in balia della tempesta
Francesco ha presieduto uno storico momento di preghiera sul sagrato della Basilica di San Pietro con la piazza vuota, ma seguito dai cattolici di tutto il mondo, sempre più minacciato dalla diffusione del Covid-19. “Signore, benedici il mondo, dona salute ai corpi e conforto ai cuori", sappiamo "che Tu hai cura di noi”, ha detto prima dell'adorazione del Santissimo Sacramento e della Benedizione Urbi et Orbi, alla quale è stata annessa la possibilità di ricevere l’indulgenza plenaria
Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
In una piazza San Pietro vuota e lucida di pioggia, in un silenzio che echeggiava milioni di preghiere e un bisogno universale di speranza, si è posato lo sguardo del mondo. Alla voce emozionata di Papa Francesco si è unito il respiro affannoso della terra, in ansia per la pandemia che in questo tempo di Quaresima sembra adombrare e sospendere il futuro. A partire dalle ore 18.00, l’universalità della preghiera e l’unità spirituale hanno dato un timbro corale alle speranze del popolo di Dio, con Francesco solo a incarnare in modo plastico l'essenza del ruolo di "Pontefice", di ponte tra la terra bisognosa di risposte e il cielo a cui chiederle.
Un'umanità provata ma protesa a Dio ha vissuto questo straordinario evento, trasmesso in diretta mondovisione da Vatican Media, attraverso i mezzi di comunicazione. E ha ascoltato la Parola di Dio con le immagini che lentamente mostravano, alternandole, due "icone" sacre care a Roma e, grazie al Papa, diventate note a ogni latitudine, quella della Salus populi romani, da sempre venerata in Santa Maria Maggiore, e il crocifisso ligneo della chiesa di San Marcello al Corso, che protesse l'Urbe dalla "grande peste" e davanti al quale Francesco si è inginocchiato il 15 marzo scorso. Un Crocifisso che per l'angolatura delle riprese contro la pioggia è parso talvolta piangere e condividere il lutto di tanti sul pianeta.
Tutti sulla stessa barca
Le parole pronunciate da Francesco nell'omelia dopo il Vangelo, accompagnate dalla pioggia, si sono legate alle ombre ma anche alle luci di questi giorni segnati da sofferenze, timori e testimonianze di autentica umanità che si diffondono tra nazioni e Continenti. Nel passo scelto in questa giornata, tratto dal Vangelo secondo Marco, Gesù dice ai suoi discepoli di passare sull’altra riva. Dopo una grande tempesta, Cristo è svegliato dai discepoli che temono di essere perduti. Nonostante il trambusto, Gesù dorme sereno, fiducioso nel Padre. Poi il vento cessa e le acque si calmano. Gesù rivolge quindi queste parole ai discepoli: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?”. Anche oggi, ha detto il Papa, viviamo un tempo sferzato dalla tempesta:
Da settimane sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo ritrovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti.
Momento straordinario di preghiera presieduto dal Papa
La tempesta smaschera i nostri ego
Durante la tempesta “Gesù sta a poppa, nella parte della barca che per prima va a fondo”, e dorme sereno. I discepoli - ha ricordato il Papa - pensano che si disinteressi di loro. Ma una volta invocato, salva i suoi discepoli sfiduciati. Anche nelle nostre famiglie, ha spiegato il Pontefice, “una delle cose che fa più male è quando ci sentiamo dire: Non t’importa di me?”:
La tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità. Ci dimostra come abbiamo lasciato addormentato e abbandonato ciò che alimenta, sostiene e dà forza alla nostra vita e alla nostra comunità. La tempesta pone allo scoperto tutti i propositi di ‘imballare’ e dimenticare ciò che ha nutrito l’anima dei nostri popoli; tutti quei tentativi di anestetizzare con abitudini apparentemente ‘salvatrici’, incapaci di fare appello alle nostre radici e di evocare la memoria dei nostri anziani, privandoci così dell’immunità necessaria per far fronte all’avversità. Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri ‘ego’ sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli.
Il tempo della scelta, non del giudizio
Sono molteplici le ferite inferte dall'uomo alla terra che più volte, nell'indifferrenza di molti, ha mostrato il proprio grido di dolore. In questo mondo che il Signore ama più di noi, ha detto il Papa, "siamo andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci in tutto":
Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta. Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato. Ora, mentre stiamo in mare agitato, ti imploriamo: “Svegliati Signore!”. 'Perché avete paura? Non avete ancora fede?'. Signore, ci rivolgi un appello, un appello alla fede. Che non è tanto credere che Tu esista, ma venire a Te e fidarsi di Te. In questa Quaresima risuona il tuo appello urgente: “Convertitevi”, «ritornate a me con tutto il cuore» (Gl 2,12). Ci chiami a cogliere questo tempo di prova come un tempo di scelta. Non è il tempo del tuo giudizio, ma del nostro giudizio: il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è. È il tempo di reimpostare la rotta della vita verso di Te, Signore, e verso gli altri. E possiamo guardare a tanti compagni di viaggio esemplari, che, nella paura, hanno reagito donando la propria vita. È la forza operante dello Spirito riversata e plasmata in coraggiose e generose dedizioni.
Le armi vincenti sono la preghiera e il servizio silenzioso
In questo mondo provato dalla pandemia, la strada da seguire è quella della corresponsabilità perché "nessuno si salva da solo". "È la vita dello Spirito - ha detto il Papa - capace di riscattare, di valorizzare e di mostrare come le nostre vite sono tessute e sostenute da persone comuni – solitamente dimenticate – che non compaiono nei titoli dei giornali e delle riviste né nelle grandi passerelle dell’ultimo show ma, senza dubbio, stanno scrivendo oggi gli avvenimenti decisivi della nostra storia":
Medici, infermieri e infermiere, addetti dei supermercati, addetti alle pulizie, badanti, trasportatori, forze dell’ordine, volontari, sacerdoti, religiose e tanti ma tanti altri che hanno compreso che nessuno si salva da solo. Davanti alla sofferenza, dove si misura il vero sviluppo dei nostri popoli, scopriamo e sperimentiamo la preghiera sacerdotale di Gesù: «che tutti siano una cosa sola» (Gv 17,21). Quanta gente esercita ogni giorno pazienza e infonde speranza, avendo cura di non seminare panico ma corresponsabilità. Quanti padri, madri, nonni e nonne, insegnanti mostrano ai nostri bambini, con gesti piccoli e quotidiani, come affrontare e attraversare una crisi riadattando abitudini, alzando gli sguardi e stimolando la preghiera. Quante persone pregano, offrono e intercedono per il bene di tutti. La preghiera e il servizio silenzioso: sono le nostre armi vincenti.
Un momento della preghiera in piazza San Pietro
Abbiamo bisogno del Signore
Nell'omelia è risuonata poi, un'altra volta, la domanda posta da Gesù: "Perché avete paura? Non avete ancora fede?". "L’inizio della fede - ha sottolineato Francesco - è saperci bisognosi di salvezza":
Non siamo autosufficienti, da soli affondiamo: abbiamo bisogno del Signore come gli antichi naviganti delle stelle. Invitiamo Gesù nelle barche delle nostre vite. Consegniamogli le nostre paure, perché Lui le vinca. Come i discepoli sperimenteremo che, con Lui a bordo, non si fa naufragio. Perché questa è la forza di Dio: volgere al bene tutto quello che ci capita, anche le cose brutte. Egli porta il sereno nelle nostre tempeste, perché con Dio la vita non muore mai. Il Signore ci interpella e, in mezzo alla nostra tempesta, ci invita a risvegliare e attivare la solidarietà e la speranza capaci di dare solidità, sostegno e significato a queste ore in cui tutto sembra naufragare. Il Signore si risveglia per risvegliare e ravvivare la nostra fede pasquale. Abbiamo un’ancora: nella sua croce siamo stati salvati. Abbiamo un timone: nella sua croce siamo stati riscattati. Abbiamo una speranza: nella sua croce siamo stati risanati e abbracciati affinché niente e nessuno ci separi dal suo amore redentore. In mezzo all’isolamento nel quale stiamo patendo la mancanza degli affetti e degli incontri, sperimentando la mancanza di tante cose, ascoltiamo ancora una volta l’annuncio che ci salva: è risorto e vive accanto a noi.
Accendiamo la speranza
Il Papa ha esortato a volgere lo sguardo verso il Padre che ci ama sempre e soprattutto verso la croce. "Il Signore - ha spiegato il Santo Padre - ci interpella dalla sua croce a ritrovare la vita che ci attende, a guardare verso coloro che ci reclamano, a rafforzare, riconoscere e incentivare la grazia che ci abita. Non spegniamo la fiammella smorta, che mai si ammala, e lasciamo che riaccenda la speranza".
Abbracciare la sua croce significa trovare il coraggio di abbracciare tutte le contrarietà del tempo presente, abbandonando per un momento il nostro affanno di onnipotenza e di possesso per dare spazio alla creatività che solo lo Spirito è capace di suscitare. Significa trovare il coraggio di aprire spazi dove tutti possano sentirsi chiamati e permettere nuove forme di ospitalità, di fraternità e di solidarietà. Nella sua croce siamo stati salvati per accogliere la speranza e lasciare che sia essa a rafforzare e sostenere tutte le misure e le strade possibili che ci possono aiutare a custodirci e custodire. Abbracciare il Signore per abbracciare la speranza: ecco la forza della fede, che libera dalla paura e dà speranza.
Scenda la benedizione di Dio
Il Papa ha infine affidato l'umanità al Padre e implorato il Signore perché non ci lasci in balia della tempesta:
Cari fratelli e sorelle, da questo luogo, che racconta la fede rocciosa di Pietro, stasera vorrei affidarvi tutti al Signore, per l’intercessione della Madonna, salute del suo popolo, stella del mare in tempesta. Da questo colonnato che abbraccia Roma e il mondo scenda su di voi, come un abbraccio consolante, la benedizione di Dio. Signore, benedici il mondo, dona salute ai corpi e conforto ai cuori. Ci chiedi di non avere paura. Ma la nostra fede è debole e siamo timorosi. Però Tu, Signore, non lasciarci in balia della tempesta. Ripeti ancora: «Voi non abbiate paura» (Mt 28,5). E noi, insieme a Pietro, “gettiamo in Te ogni preoccupazione, perché sappiamo che Tu hai cura di noi”.
Preghiera a Dio onnipotente
Questo pomeriggio di preghiera, come un diverso venerdì della misericordia, si è aperto con un immagine semplice ma intensa. Il Pontefice è arrivato da solo e in silenzio sulla cima del sagrato, accompagnato da monsignor Guido Marini, maestro delle cerimonie pontificie. L'inquadratura dall'alto accentuava la sensazione di solitudine e insieme la potenza della scena. Con il segno della Croce e un’orazione, il Papa ha introdotto il momento di preghiera per invocare la fine della pandemia.
“Preghiamo. Dio onnipotente e misericordioso, guarda la nostra dolorosa condizione: conforta i tuoi figli e apri i nostri cuori alla speranza, perché sentiamo in mezzo a noi la tua presenza di Padre. Amen (Orazione)”
Fede più forte della tempesta
Dopo la lettura del Vangelo, la meditazione di Francesco ha sovrastato gli spazi vuoti e millenari di una città quasi interamente raccolta nelle case, trasformate in chiese domestiche dalla preghiera. Quindi il Santo Padre si è recato davanti all’immagine della Salus Populi Romani e al crocifisso di San Marcello. Francesco, con indosso le vesti sacre, è entrato nell’atrio dal cancello centrale della Basilica. L’adorazione al Santissimo Sacramento esposto sull’altare, avvolto dall'incenso, ha preceduto la supplica per chiedere al Signore di salvare l’umanità “da tutti i mali che affliggono l’umanità”, “dalle malattie, dalle epidemie e dalla paura del fratello”. Le ultime parole della supplica hanno il ‘deserto’ della Quaresima e l’orizzonte della Pasqua: aprici alla speranza, Signore, se il dolore ci visita, se l’indifferenza ci angoscia, se la morte ci annienta.
Benedizione eucaristica e indulgenza plenaria
Dopo la supplica, è seguito il rito della Benedizione eucaristica Urbi et Orbi, alla città e al mondo. Il cardinale Angelo Comastri, arciprete della Basilica di San Pietro, ha pronunciato la formula per la proclamazione dell’indulgenza. A tutti quelli che hanno ricevuto la benedizione eucaristica anche a mezzo della radio, della televisione e delle altre tecnologie di comunicazione, è stata concessa l’indulgenza plenaria nella forma stabilita dalla Chiesa.
Misericordia per l’umanità provata
Il momento di preghiera vissuto oggi era stato annunciato da Papa Francesco lo scorso 22 marzo all’Angelus. In quell’occasione, il Pontefice aveva anche invitato tutti i Capi delle Chiese e i leader di tutte le Comunità cristiane a unirsi a recitare insieme la preghiera che Gesù ci ha insegnato il Padre Nostro. “Come figli fiduciosi – ha detto Francesco mercoledì scorso introducendo la preghiera - ci rivolgiamo al Padre”. “Vogliamo implorare misericordia per l’umanità duramente provata dalla pandemia di coronavirus”. Anche oggi la voce di Papa Francesco ha guidato le voci dei cristiani sparsi in tutte le regioni del mondo per invocare Dio onnipotente e affidarsi alla Sua misericordia.
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Il momento di preghiera guidato dal Papa in tempo di epidemia
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27 marzo 2020, 19:05
Pope’s special Urbi et Orbi blessing: ‘God turns everything to our good’
Pope Francis delivers an extraordinary blessing “To the City and to the World” on Friday to pray for an end to the Covid-19 coronavirus pandemic. In his meditation, the Pope reflects on Jesus’ words to His disciples: “Why are you afraid? Have you no faith?” Full text included.
By Devin Watkins
Pope Francis held the special Urbi et Orbi on Friday from the steps of St. Peter’s Basilica.
Usually a colorful event reserved only for Christmas Day and Easter Sunday, this extraordinary blessing was held in keeping with the gravity of the current global situation, as more than half of the world’s population is confined to their homes to prevent the spread of Covid-19.
Standing in a deserted St. Peter’s Square with a steady rain falling, Pope Francis spoke to the world through all the means of modern communication: Facebook, YouTube, TV, and radio.
Symbols of faith
He prayed for the world at this critical juncture in the presence of two images that have accompanied the people of Rome for centuries: the ancient icon of Mary Salus Populi Romani – usually housed in the Basilica of St. Mary Major – and the miraculous crucifix kept in the church of San Marcello on the city’s Via del Corso.
Most importantly, the Pope exposed the Blessed Sacrament for adoration and imparted his Apostolic Blessing, offering everyone the opportunity to receive a plenary indulgence.
Evening meditation
But first, Pope Francis offered a meditation on the crisis facing the world, reflecting on a passage from the Gospel of Mark (4:35-41).
“For weeks now it has been evening,” said the Pope. “Thick darkness has gathered over our squares, our streets and our cities; it has taken over our lives, filling everything with a deafening silence and a distressing void, that stops everything as it passes by; we feel it in the air, we notice it in people’s gestures, their glances give them away.”
In this situation, he said, we feel afraid and lost, like the disciples whose boat was in danger of sinking while Jesus slept at the stern.
All in the same boat
The Covid-19 pandemic has reminded us that we are all on the same boat, said Pope Francis, and so we call out to Jesus. The disciples ask Him, “Teacher, do you not care if we perish?”
The Pope said these words would have shaken Jesus, “because He, more than anyone, cares about us.”
The storm, said the Pope, exposes “our vulnerability and uncovers those false and superfluous certainties around which we have constructed our daily schedules” and lays bare “all those attempts to anesthetize ourselves”.
What is revealed, he said, is “our belonging as brothers and sisters”, our common humanity.
“Why are you afraid? Have you no faith?
Pope Francis then picked up the thread of Jesus’ question: “Why are you afraid? Have you no faith?”
He said we have all gone ahead “at breakneck speed”, ignoring the wars, injustice, and cries of the poor and our ailing planet. “We carried on regardless, thinking we would stay healthy in a world that was sick.”
In our stormy sea, we now cry out: “Wake up, Lord!”
Now is the time of choosing
Really, said Pope Francis, it is Jesus calling out to us to be converted, calling us to faith.
“You are calling on us to seize this time of trial as a time of choosing,” he said.
Now is not the time of God’s judgment, but of our own: “a time to choose what matters and what passes away, a time to separate what is necessary from what is not.”
The Pope said we can draw lessons from the many people who – even though fearful – have reacted by giving their lives, including medical personnel, supermarket clerks, cleaners, priests, police officers, and volunteers. This, he said, “is the force of the Spirit poured out and fashioned in courageous and generous self-denial.”
Stripped of our self-sufficiency
Pope Francis said faith begins “when we realize we are in need of salvation” and are not self-sufficient.
If we turn to Jesus and hand Him our fears, said the Pope, He will conquer them.
“Because this is God’s strength: turning to the good everything that happens to us, even the bad things. He brings serenity into our storms, because with God life never dies.”
So God asks us now, in the midst of the tempest, “to reawaken and put into practice that solidarity and hope capable of giving strength, support and meaning to these hours when everything seems to be floundering.”
His cross is our hope
Jesus’ cross, said Pope Francis, is the anchor that has saved us, the rudder that has redeemed us, and our hope, because “by His cross we have been healed and embraced so that nothing and no one can separate us from His redeeming love.”
“In the midst of isolation when we are suffering from a lack of tenderness and chances to meet up, and we experience the loss of so many things,” he said, “let us once again listen to the proclamation that saves us: He is risen and is living by our side.”
So we embrace His cross in the hardships of the present time, and make room in our hearts “for the creativity that only the Spirit is capable of inspiring.”
“Embracing the Lord in order to embrace hope: that is the strength of faith, which frees us from fear and gives us hope.”
Turning to the Lord
Concluding his meditation, Pope Francis entrusted us all to the Lord, through the intercession of the Blessed Virgin Mary, so that our faith might not waiver in this time of crisis.
“Dear brothers and sisters, from this place that tells of Peter’s rock-solid faith, I would like this evening to entrust all of you to the Lord, through the intercession of Mary, Health of the People and Star of the stormy Sea. From this colonnade that embraces Rome and the whole world, may God’s blessing come down upon you as a consoling embrace. Lord, may you bless the world, give health to our bodies and comfort our hearts. You ask us not to be afraid. Yet our faith is weak and we are fearful. But you, Lord, will not leave us at the mercy of the storm. Tell us again: ‘Do not be afraid’ (Mt 28:5). And we, together with Peter, ‘cast all our anxieties onto you, for you care about us’ (cf. 1Pet 5:7).”
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27 March 2020, 19:00