교황 성하, Charles de Foucauld 수도자가 살해된지 100주년을 맞아, 복자 Charles de Foucauld의 가난과, 가난한 자들을 섬기며 살던, 프랑스 출신의 수도자의 발자취를 묵상하며, 하신 말씀!
PAPA FRANCESCO, MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA DOMUS SANCTAE MARTHAE
Sulle tracce di Charles de Foucauld
Giovedì, 1° dicembre 2016
(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLVI, n.277, 02/12/2016)
프랑스 출신의 가난한 수도자였던, 복자 Charles de Foucauld 의 가난한 생활과 가난한 사람들을 섬기던 그의 생활을 되새기며, 오늘의 우리가, 특히 우리 수도자들이, 반드시, 묵상하며 유념해야 할 점들을 성하께서는 강조하십니다. 복자 Charles de Foucauld 는 사막에서 온갖 불편을 감수하고, 극복하면서, 심각하고 많은 저항를 물리치며, 교회를 위하여 주님을 너무나 잘 증거하는 삶을 남겨주었읍니다. 지금 천상에서 우리를 도와주시도록 간청합시다. 마테오 복음(7, 21.24-27)에서 출발하여 전례 안에서 제시되는 교훈을 묵상합시다.
특히, 교황성하께서는, 오늘의 우리 수도자들이 당하는 가장 위험한 숨은 저항의 3가지 형태를 지적하십니다. 우선 청빈에 관하여, "빈 말로 외치는 헛 소리"와, "정당화시켜 떠드는 핑게와 변명의 소리"와, "되레 비난하는 소리" 입니다.
풀어 말하면, 우리 수도자들이,흔히, "청빈이다", "가난이다", 하고들 자주 말하지만, 우리는 정말 가난하게 살고 있는가? 지금, 모든 수도회는 정말 가난한가? 수도자들은 정말 가난한 생활을 하고 있는가? 가난하게 살지 않고 있어야 하는 핑게와 변명으로, 가난을 외면하고, 부유하게 살고 있지 않는가? 더우기, 심지어, 가난하게 사는 자들을 오히려 비난하고 공격하면서, 가난을 피하고, 불편없이 살아가고 있지 않는가 ?,,,,! 실제로 우리는 가난한 사람들이 겪는 불편과 부끄러움과 무시와 천대를 당하며 살고 있는가?,,,,. <묵상 의역 -Msgr. Byon>
È la testimonianza concreta del beato Charles de Foucauld che Papa Francesco ha indicato per sollecitare i cristiani a «camminare sulle sue tracce di povertà, contemplazione e servizio ai poveri». Il Pontefice ha voluto ricordare il religioso francese, nel centenario della sua uccisione, al termine della messa celebrata giovedì mattina, 1° dicembre, nella cappella della Casa Santa Marta.
Charles de Foucauld, ha affermato Francesco prima di impartire la benedizione, è stato «un uomo che ha vinto tante resistenze e ha dato una testimonianza che ha fatto bene alla Chiesa». Per questo «chiediamo che ci benedica dal cielo e ci aiuti» ha aggiunto, rilanciandone così la via più che mai attuale per la diffusione del Vangelo. Proprio «le resistenze» che de Foucauld ha saputo superare sono state il filo conduttore della riflessione proposta dal Pontefice a partire anche dal passo evangelico di Matteo (7, 21.24-27) proposto dalla liturgia. Il Papa ha indicato in particolare «tre tipi di resistenze nascoste», le più «pericolose»: quella delle «parole vuote», delle «parole giustificatorie» e delle «parole accusatorie».
«In questa prima settimana dell’Avvento — ha affermato nell’omelia — chiediamo sempre al Signore di purificarci, di prepararci all’incontro con Lui». In particolare «oggi, nella preghiera, nella colletta, abbiamo pregato così: “Ridesta la tua potenza, Signore, e con grande forza soccorri i tuoi fedeli; la tua grazia vinca le resistenze del peccato e affretti il momento della salvezza”». Dunque, ha proseguito Francesco, «chiediamo al Signore di aiutarci in questo cammino dell’ incontro, della salvezza». Ma «c’è una grazia che chiediamo che mi ha fatto riflettere: “La tua grazia vinca le resistenze del peccato”».
Infatti, ha fatto notare, «nella vita cristiana ci sono sempre difficoltà e resistenze per andare avanti: ci sono resistenze aperte, che nascono dalla buona volontà». Proprio come per Saulo che «resisteva alla grazia, ma non sapeva ed era convinto di fare la volontà di Dio». Poi «è stato lo stesso Gesù a dirgli: “Saulo, Saulo, stai tranquillo, fermati”». Perché «è duro ricalcitrare contro i pungoli». Così «Gesù va lì e Saulo riconosce e si converte». Del resto, ha aggiunto il Pontefice, «le resistenze aperte sono sane, perché tutti siamo peccatori ed è naturale che vengano». E «sono sane, nel senso che sono aperte alla grazia per convertirsi».
Sono invece «più pericolose — ha spiegato — le resistenze nascoste: quelle che sono sotto, che non si fanno vedere». Ma «le abbiamo tutti». Sì, ha insistito il Pontefice, «ognuno di noi ha il proprio stile di resistenza nascosta alla grazia: dobbiamo cercarlo, trovarlo e metterlo davanti al Signore, affinché Lui ci purifichi». Ed è proprio quella «resistenza» di cui «Stefano accusava i dottori della legge: “Voi e i vostri padri resistete sempre allo Spirito Santo”». Difatti quei dottori «si facevano vedere come se cercassero la gloria di Dio, ma dietro c’era una resistenza allo Spirito Santo». Certo, formulare quell’accusa «al povero Stefano costò la vita, ma disse la verità».
«Queste resistenze nascoste, che tutti abbiamo», ha chiarito ancora Francesco, hanno una «natura» ben riconoscibile in quanto «vengono sempre per fermare un processo di conversione». Ed è proprio un «fermare, non è lottare contro; è stare fermo, sorridere forse, ma tu non passi», come un «resistere passivamente, nascostamente». Del resto «quando c’è un processo di cambiamento in un’istituzione, in una famiglia» si possono riconoscere, appunto, «resistenze» ed è un bene, ha rimarcato Francesco. Infatti «se non ci fossero la cosa non sarebbe di Dio: quando ci sono queste resistenze è il diavolo che le semina, perché il Signore non vada avanti».
«Ma quali sono queste resistenze nascoste?» è la domanda proposta dal Papa, che ne ha subito suggerite alcune. A cominciare dalle «resistenze delle parole vuote, quelle parole» alle quali il Signore fa riferimento nel Vangelo: «Non chiunque mi dice “Signore, Signore” entrerà nel regno dei cieli». E si può arrivare a dire: «Signore, Signore, tu mi conosci, abbiamo cenato insieme...».
E «Lui lo ripete tanto nel Vangelo: “No, questo non entra!”». Per questo — ha precisato Francesco — «le parole non servono, le parole non ci aiutano: solo le parole, le parole vuote». Come dire «Sì, sì, sì» anche se sotto è «no, no, no». Ma pur «sempre il sì, il dolce sì, per ammorbidire il comandamento del Signore o la voce dello Spirito».
Il Pontefice, a questo proposito, ha anche riproposto «la parabola dei due figli, che il padre invia alla vigna». E «uno dice: “No, non ci andrò!”». Ma «poi pensa: “Sì, ci vado, è papà”». L’altro figlio, invece, risponde: «“Sì papà, stai tranquillo. Io ci andrò”». Invece «pensa “ma questo vecchio non capisce le cose nuove” e non ci va».
Dunque, ha evidenziato il Papa, il secondo figlio «fa la resistenza passiva» che consiste appunto nel «dire sì, tutto sì, molto diplomaticamente», quando invece «è no, no, no». Insomma «tante parole — “sì, sì, sì cambieremo tutto, sì” — per non cambiare nulla». È esattamente lo stile del «gattopardismo spirituale», proprio di quelli che dicono «tutto sì» quando invece «è tutto no». E questa «è la resistenza delle parole vuote».
«Poi c’è un’altra resistenza — ha spiegato il Pontefice — quella delle parole giustificatorie, ma che non ci giustificano». È il caso di una persona che «si giustifica continuamente — “no, quello l’ho fatto per quello, quello, quello” — ma quando ci sono tante giustificazioni non c’è il buono odore di Dio, c’è il brutto odore del diavolo». In realtà, ha proseguito Francesco, «il cristiano non ha bisogno di giustificarsi: è stato giustificato dalla parola di Dio, l’unica che ci giustifica». Invece ecco il ricorrere ad argomentazioni come «no, io ho fatto questo per quello...» tipico di coloro che «hanno sempre una ragione da opporre». Invece «non si deve fare questo per quello, guarda questo pericolo...”».
Ma così «la cosa non può andare avanti, la grazia non può andare avanti: è una resistenza delle parole che cercano di giustificare la mia posizione per non seguire quello che il Signore mi indica».
E, ancora, «c’è una terza resistenza delle parole: le parole accusatorie». È propria di quanti «accusano gli altri per non guardare se stessi».
Il Papa ha proposto l’esempio del fariseo nel tempio che dice: «Ti rendo grazie, Signore, perché non sono come gli altri e neppure come quello là, io sono giusto davanti a Te». Questo è l’atteggiamento di coloro che «accusano gli altri, accusano quel povero pubblicano». Però così facendo si «resiste alla grazia» e, considerandosi giusti, non si sente il «bisogno di cambiare, di conversione».
«Ma le resistenze non sono quelle grandi resistenze storiche solamente, la linea Maginot o tutte quelle che abbiamo studiato» ha messo in guardia Francesco. Ce ne «sono dentro il nostro cuore, tutti i giorni». C’è «la resistenza alla grazia, e quello è un buon segno, perché indica che il Signore sta lavorando in noi».
E «dobbiamo far cadere le resistenze, perché la grazia vada avanti». Infatti «la resistenza cerca sempre di cambiare il reale nel formale, nascondersi nel formale e con le formalità delle parole vuote, delle parole giustificatorie, delle parole accusatorie e tante altre, cerca di rimanere dov’è e non lasciarsi portare avanti dal Signore». Perché, ha riconosciuto il Papa, «non è sempre facile, c’è sempre una croce: dove c’è il Signore ci sarà una croce, piccola o grande».
Ed è «la resistenza alla croce, la resistenza al Signore che ci porta alla redenzione». È «la resistenza di Pietro: quando Gesù, dopo aver detto che lui sarebbe stato la pietra della Chiesa, comincia a spiegargli che dovrà soffrire, Pietro resiste. E dice: “No, Signore, questo mai accadrà!”». E «Gesù a Pietro, al suo eletto, al primo Papa, replica dicendo “vattene satana!”». Sì, perché Pietro «resisteva alla grazia, resisteva al piano di Dio sull’umanità e su ciascuno di noi».
In questa prospettiva il Pontefice ha invitato a «non avere paura quando ognuno di noi trova che nel suo cuore ci sono resistenze».
Certo, l’atteggiamento giusto è «dirlo chiaramente al Signore: “Guarda, Signore, io cerco di coprire questo, di fare questo per non lasciare entrare la tua parola”». E «dire questa parola tanto bella: “Signore, con grande forza, soccorrimi; la tua grazia vinca le resistenze del peccato”». Del resto, ha aggiunto Francesco, «le resistenze sono sempre un frutto del peccato originale che noi portiamo». Ed è bello «avere resistenze». È «brutto» invece «prenderle come difesa dalla grazia del Signore». Insomma «avere resistenze è normale» ha concluso il Papa, suggerendo di dire: «Sono peccatore, aiutami Signore!». E invitando a preparasi «con questa riflessione al prossimo Natale». 퍼온 글 (da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLVI, n.277, 02/12/2016)